Go Dugong e Machweo li avrete già sentiti nominare se non è la prima volta che capitate da queste parti. Ci piacciono particolarmente come progetti ed è per questo motivo che abbiamo chiesto loro di intervistarsi a vicenda. Si parla degli inizi, della scena italiana, del futuro ed anche di argomenti tecnici scacciafiga. Ecco a voi, il post con meno visite della storia. Ci piace tantissimo.
PS: se siete in zona ex ospedale Sant’Agostino di Modena, sabato, li beccate entrambi, assieme ai Drink To Me.
Machweo: Ciao Giulio/Go Dugong, come ti è venuto in mente di fare musica elettronica? come hai iniziato?
Go Dugong: Ciao Machweo, ho cominciato ad avvicinarmi alla musica elettronica un po’ senza saperlo verso i 16-17 anni. Frequentavo molto l’ambiente hip-hop perchè facevo graffiti e quindi ascoltavo principalmente quel tipo di musica. Ho conosciuto persone che producevano basi per mcs che mi hanno “introdotto” nel modo della produzione. Ho cominciato usando un sequencer dell’amiga500 chiamato fasttracker… ricordo che c’erano queste matrici di numeri e sigle in bianco e nero che, programmandole appropriatamente, scorrevano e producevano suoni e beat esclusivamente a 16bit!
Insieme all’evoluzione della tecnologia c’è stata anche una crescita personale e di gusti. Appena avuto il primo pc (dopo aver passato comunque molto tempo sul protracker – la versione per pc del fastracker… sì lo so, ero fissato) ho cominciato ad usare software come reason e cubase. Fu allora che nacque il progetto Kobenhavn Store. All’inizio ero da solo… però avevo voglia di proporre live la mia musica e con le conoscenze che avevo ai tempi non ci riuscivo… almeno non con i risultati che avrei voluto. Così ho cominciato ad aggiungere strumenti veri ed acustici e i KStore sono diventati una band a tutti gli effetti.
Ma ancora una volta si evolve la tecnologia e cambiano i gusti. Ho scoperto un paio di anni fa Ableton Live con i suoi molteplici controller e mi si è aperto un mondo nuovo. Nasce quindi Go Dugong… In realtà sto facendo quello che ho sempre sognato di fare… solo che prima non sapevo come muovermi. Mi è occorso molto tempo e studio ma ne è valsa la pena.
Tu dovresti essere molto più giovane di me quindi la tua storia dovrebbe essere più corta della mia…
Raccontami di quando hai iniziato… È la tua prima esperienza da musicista o hai avuto altre band in passato?
Quando qualcuno mi chiede “che strumento suoni ?” io rispondo “il computer”. Effettivamente è il primo strumento che ho usato per produrre un suono… ed è quello che uso tutt’ora per fare musica.
Tu sai suonare altro? hai cominciato subito con le macchine o è stato un passaggio?
M: Ho iniziato che neanche sapevo cosa fosse la musica elettronica, veramente. Suono la chitarra da un bel po’, autodidatta come per il resto. A 14/15 anni, non ricordo esattamente, ho avuto una band e l’unica cosa che ci accomunava è che ci piacevano gli Arctic Monkeys… Ovviamente questo non è sufficiente per tenere unita una band e come millemila band di ragazzini ci siamo sciolti. Da quel momento ho deciso che avrei fatto musica da solo. La passione della musica mi ha portato a mille ascolti e a un’accurata ricerca per il “nuovo” o quantomeno per il “bello” e non ricordo neanche come ci sono incappato, tra un disco e l’altro, ma a 15 anni installai per la prima volta Ableton (che ha l’immensa dote di girare su qualsiasi computer e il mio primo pc faceva proprio schifo). Da quel giorno è stata una continua “lotta” per imparare a usarlo, i corsi (si, esistono dei corsi per imparare a usare Ableton) costavano più o meno quanto cinque anni di rette universitarie e quindi ho deciso di arrangiarmi e lentamente le competenze sono aumentate, senza contare che in cinque o sei anni ho imparato a usare e riconoscere qualsiasi libreria o qualsiasi effetto del programma. Poi un giorno ho ascoltato Shlohmo, un altro giorno l’ho visto dal vivo e così è successo per Baths e Holy Other, come hai detto tu ho scoperto che quella musica era il mio percorso ma a quindici anni per una cosa o per un’altra non lo sapevo. Anche perchè quando io avevo quindici anni Shlohmo credo ne avesse sedici o giù di lì.
I nostri ascolti sono abbastanza simili ma il genere che facciamo è molto diverso, come ti approcci tu alla stesura di un pezzo? Suoni tu gli strumenti o campioni? Che tecnica usi, sostanzialmente?
GD: Non ho un metodo fisso o una tecnica precisa… A volte parto da un’idea di basso e batteria (da me suonati) e poi ci costruisco sopra il resto con synth e campioni vocali. A volte parto da campioni, manipolandoli fino a stravolgerli totalmente rispetto agli originali e ci costruisco sopra una struttura ritmica e melodica con l’aiuto di drum machine e sintetizzatori VST e non. Gran parte degli strumenti sono suonati o “risuonati” da me. Spesso parto dalla ricerca di un suono sfogliando preset e modificandoli in base alle mie esigenze. Ci sono volte invece in cui costruisco direttamente io il suono partendo da forme d’onda elementari. I campioni di voce che utilizzo spesso sono presi da sound bank di roba house anni ’90, piuttosto “trash” se ascoltati singolarmente e nella versione originale… ma se inseriti nel contesto giusto possono avere il loro perché. Insomma, ho un approccio molto libero, dipende dall’idea iniziale e dall’ispirazione del momento.
Tu invece usi un metodo fisso o ti lasci guidare a seconda delle situazioni e sensazioni? Una volta creata l’idea principale come procedi alla strutturazione del brano?
Io di solito sono molto lento nel chiudere un pezzo… o meglio, lo “scheletro principale” tendo a finirlo abbastanza velocemente perché ho subito esigenza di capirne le potenzialità. Poi però apro il progetto in continuazione apportando piccole modifiche e aggiustamenti… poco alla volta. Quando per te un pezzo può dirsi “chiuso”?
M: In realtà io sto sviluppando metodi di approccio differente, mi spiego: nell’EP, per tutte le tracce, partivo da un giro di chitarra che registravo e costituiva la sagoma del pezzo, ho sempre lavorato molto di pitch e modulazione sul giro di base, poi campionavo strumenti qui e lì, principalmente percussioni tribali o pseudo tribali, strutturavo la ritmica e poi armonizzavo il tutto con altri strumenti e velleità varie. Ho sempre suonato tutto e tutto ciò che non si può suonare (purtroppo non ho un tamburo africano con un diametro di 4 metri in stanza) lo campionavo in giro. Ora però con i nuovi pezzi (dei quali solo uno è stato pubblicato, Looonely) ho un approccio un po’ differente, sempre più incentrato sulla ritmica e le atmosfere, ci sono molti campioni rimodulati, ho provato a scaricare delle librerie free però il fascino di prendere una canzone, campionarne un “tic” e modificare le frequenze per tirarci fuori il suono più puro possibile rimane immacolato. è un lavoraccio sicuramente però ogni volta è un piacere. I miei pezzi diciamo che prima di essere registrati più o meno me li immagino, apro un nuovo progetto di ableton solo e soltanto quando il pezzo suona bene nella mia testa, sono molto, forse troppo (con tutti gli svantaggi del caso), veloce nel chiudere i pezzi. Non ci ho mai messo più di due giorni a scrivere, registrare, mixare e masterizzarne uno. Personalmente una canzone finita lo è solo e soltanto quando suona bene, non è vuota o esageratamente piena e non stanca.
Volevo farti un paio di domande sulla tecnica, la musica che ascolto di più, nel genere, è quella della “scuola di Los Angeles” da Baths a Flying Lotus, da Shlohmo a Knxwlege ecc e le tecniche ricorrenti, oltre al campionamento compulsivo, ci sono. Io per esempio uso tanto il side chaining che per chi non mastica tanto i termini tecnici è quell’effetto simile a un “respiro” che si ottiene su una traccia con una compressione, e la compressione si ha quando si alza il volume o “suona” un’altra traccia che decidi tu. Ok non so spiegarmi ma è veramente molto più semplice di quel che sembra. Dà un effetto riconducibile a quello di un’onda e forse faccio prima a farvi un esempio:
Ogni volta che entra la cassa c’è un impercettibile abbassamento di volume del synth. Tu immagino usi tecniche simili, cosa usi? dove le hai imparate?
GD: Io abuso di sidechaining!
Ultimamente lo sto usando anche sul gate e vengono fuori delle cose interessanti…
Gran parte delle tecnica l’ho imparata leggendo manuali, guardando videotutorial e quando proprio non ne esco fuori da solo ho qualche amico fonico al quale spesso mi rivolgo. Ci vuole un bel po’ di tempo ma credo che sia fondamentale imparare a conoscere il funzionamento dei vari dispositivi.
Non sempre si può andare “a caso” o a “istinto”, a volte bisogna sapere esattamente dove andare a mettere le mani.
Cmq non voglio cadere nel “nerdismo” più assoluto! Cambierei argomento!
È appena uscito il tuo EP (molto bello).
Ma adesso? Come intendi muoverti per diffondere ulteriormente la tua musica? Spiegami come vedi la questione “etichetta discografica”, “DIY”, ecc… cosa è più importante e quali sono i fattori fondamentali per riuscire a combinare qualcosa di serio in questo tipo di scena…
M: Per adesso è tutto molto DIY, ho un mio amico che ha lavorato in un ufficio stampa professionale e in questo senso mi dà una mano a far girare il disco, niente di stratosferico, ma internet è una delle cose migliori (o forse peggiori, non lo so, ci sono punti di vista differenti su tutti gli aspetti) che ci potessero capitare, soprattutto a livello di comunicazione e diffusione e quindi l’autopromozione diventa solo una questione di impegno. Per adesso mi sono informato contattando direttamente le etichette se fosse possibile mandare il nuovo materiale a cui sto lavorando. Non so assolutamente quando sarà pronto il prossimo disco che sia EP o LP, non sono assolutamente sicuro, del resto, di aver successo con le etichette contattate quindi ok, avere un punto d’appoggio e di micro distribuzione non sarebbe male ma immagino che per una persona che fa musica, a meno che non lo faccia esclusivamente con arrivismo e manie di onnipotenza, se la tua musica non è apprezzata su ampia scala, non abbia problemi a continuare a farla e in caso ad autopromuoversi.
Non so esattamente quale sia “l’ingrediente segreto” per avere successo nella musica elettronica, so per certo che questo genere preciso non è totalmente collaudato come può esserlo, non so, la musica house piuttosto che il rock’n’roll. Immagino che sia necessario osare e sperimentare, cercando di emulare il meno possibile… Poi oh magari mi sbaglio e facendo un disco identico al primo di Flying Lotus ti contattano cinquecentoventi etichette e ti ritrovi a girare il mondo a mille euro a data ahahah. Dai, scherzi a parte, questa è una domanda tosta, credo ci voglia molta invettiva e originalità per “sfondare”.
Te invece come promuovi la tua musica? Avere un’etichetta è così una sicurezza? Che vantaggi ti ha portato? Ma soprattutto, qual è il tuo ingrediente segreto?
GD: Il mio ingrediente segreto è la mia straordinaria bellezza! Ahahahah… No, scherzi a parte… non ho ingredienti segreti… Ho semplicemente mandato i miei pezzi (ancora in fase embrionale) ad un po’ di etichette che seguivo e ad un po’ di addetti ai lavori. Amdiscs e poche altre mi hanno risposto. Amdiscs nello specifico ha creduto fin da subito nel mio progetto e questo per me ha voluto dire molto in termini di spinta/motivazioni.
Parlando di lavoro, la maggior parte l’ho fatto da solo. Secondo me a questi livelli così dev’essere. Un’ etichetta indipendente piccolina può essere un supporto, una sorta di “biglietto da visita”, ma non ci si può sedere e aspettare che faccia tutto lei. La musica è roba nostra e nessuno terrà mai alla nostra musica più di quanto ci teniamo noi stessi.
Sicuramente uscire per Amdiscs mi ha portato più visibilità rispetto a se lo avessi fatto uscire da solo… loro sono molto seguiti e rispettati. Per visibilità intendo addetti ai lavori, blog e webzine, ma anche “fans”.
Per autopromuoversi ci vuole molto tempo… Tempo che sinceramente dedicherei molto più volentieri alla musica visto che ho già un lavoro che mi porta via 8-9 ore al giorno… però, non so come dire, anche se è faticoso, acquista più fascino perchè sei a stretto contatto con le varie realtà, con chi ti ascolta e, cosa fondamentale, con i vari “colleghi” della scena. Preferisco metterci la faccia direttamente piuttosto che farlo fare a qualcun altro… vorrei solo avere più tempo per fare tutto.
Tu come gestisci il tuo tempo e le tue giornate? Quanto tempo dedichi alla cosa? Io mi mangio le mani per non aver sfruttato meglio prima il mio tempo… quando hai un lavoro che ti impegna molto, sia fisicamente e psicologicamente come il mio è veramente dura riuscire a gestire tutto. Io lo faccio comunque perché senza non mi sentirei vivo. Un bisogno vitale, capisci cosa intendo?
M: Ah sì, ti capisco benissimo riguardo al fatto che la musica è una componente fondamentale della tua vita. Lo è anche per me però mi piacerebbe far capire che questo non è da intendersi come se io e te avessimo un hobby qualsiasi, la musica è fondamentale perchè a un certo punto capisci che riesci a comunicare molto più con questa che con altro, è come se fosse uno specchio. Ora sì, il mio disco ha avuto tanti aggettivi, molti dei quali viaggiavano tra il cupo e il malinconico e due domande a quel punto me le sono fatte ahahah. Per rispondere alle altre domande, essendo uno studente universitario ho dei periodi in cui sono imballato di lavoro per dei mesi e riesco a dedicare pochissimo tempo a tutto, altri periodi invece di un vuoto imbarazzante. Quando la mole di lavoro non mi schiaccia dedico anche otto o nove ore al giorno alla musica, a volte suono semplicemente la chitarra, altre volte compongo, altre volte cerco la chiave per sbloccare un pezzo… mentre devo essere sincero, nel promuovermi faccio schifo. Non so chi chiamare, cosa fare, come passare la roba e soprattutto a chi. Cioè veramente per farti capire, io ho scritto a due etichette e mi sono posto in un modo tipo “ehi scusa, ma io non è che se un giorno avrò un disco posso passartelo?” e ora, ne approfitto per rivolgermi alle persone che ho contattato, se stanno leggendo: giuro non sono ritardato, è che non so proprio come si fa.
Lunga sta chiacchierata eh? Io direi che voglio sapere solo un’altra cosa… Ora? Come ti muovi? dischi, non dischi, concerti, tour, dimmi tutto
GD: Diciamo che sicuramente non avrò di che annoiarmi per i prossimi mesi da qui alla fine dell’anno. Ho qualche concerto in Italia a settembre/ottobre, tra cui due con Sun Glitters (Piacenza al Tendenze Festival e Genova al Wood Waves) la data con te e i Drink To Me al festival della Filosofia a Modena più altre. Poi in collaborazione con Popsicle e Amdiscs si sta organizzando un tour europeo dal 31 ottobre al 10 novembre e stiamo vedendo anche per qualcosa negli USA a marzo 2013. Entrambi i tour saranno in combo con Japanese Gum (amici con i quali collaboro da quasi un annetto) e fOfY.
Verso fine settembre uscirà un ep digitale di remix (e forse anche un inedito) di White Sun EP sempre per Amdiscs. E poi sto lavorando al mio primo “full lenght” che dovrebbe essere finito per dicembre.
Io prima di chiederti i tuoi programmi e progetti per il futuro ti farei il classico domandone di chiusura sulla scena italiana. Come la vedi? Se esiste qualcosa chi è che ne fa parte e quali sono i nomi secondo te più influenti? Qualcuno ti ha particolarmente ispirato? Interagisci con qualcuno di questa pseudo-scena e, se sì, in che modo?
M: La scena italiana… Se stiamo parlando di musica elettronica è un bel casino, se ne fa tanta di electro in Italia eh, dai Bloody Beetroots ai Voices From The Lake (quanto è bello il loro ultimo disco!!), però non esiste una vera e propria unità di fondo, se non per i gruppi come i Bloody Beetroots, Crookers, Congorock e tanti altri giovincelli che a volte ti capita di ascoltare a caso e non immagineresti mai che sono italiani. Una scena sull’elettronica un po’ più di nicchia non c’è. Anzi, gli artisti che fanno questa musica in Italia credo si contino tranquillamente sulle dita di una mano. In Italia in generale invece la musica è vivissima, credo che a volte molti gruppi pecchino negli intenti, altre in arroganza, però non so quanti di voi sono mai stati a Pesaro: fa paura. A Pesaro sembra quasi che esista un movimento, ci sono tante idee e soprattutto ci sono tante buone idee. Non so quanto tempo ci metteremo ad accantonare il cantautorato in Italia però le influenze alternative esistono, e penso ancora a tutte le band di Pesaro… Quando ho suonato io al Jump Out! festival apriva la serata una band di ragazzini di 16 anni, facevano shoegaze, si chiamano FAT e per i primi dieci minuti mi hanno lasciato incredulo… pezzi belli, complessi, presenza scenica… A Pesaro la musica funziona tanto e non si sa perché. Mi chiedi se interagisco con qualcuno… Conosco tantissimi gruppi Italiani, chiacchiero con molti ma lo scambio di idee e di battute più “profondo” credo di averlo con i Be Forest con i quali sono prima amico e poi “collega”… E non pensare che non abbia mai chiesto loro qualcosa riguardo al “perché” della scena di Pesaro, però loro come tanti altri, non se lo spiegano.
Concordi? Come la vedi tu? Nel senso, come si è potuto capire io non è che la vedo male… la vedo, una scena in Italia, e questo credo sia importante.
GD: Io mi staccherei dalla scena “indie” italiana… credo che questa alla quale apparteniamo sia un mondo completamente diverso ma altrettanto affascinante.
Non so come possiamo/vogliamo chiamarla ma io intendo tutta la musica fatta da tutti quei “producer casalinghi”, tutto quel mondo di laptop, controller, sequencer e plug in.
Non so se si possa parlare di vera e propria scena ma credo ci sia un interessante “sottobosco” e che un po’ di roba ora come ora stia venendo fuori.
Io in questo poco tempo ho scoperto e conosciuto molti artisti italiani validi, molto vicini a me come approccio alla musica. Gente come Populous/Life&Limb, Need a Name, Earthquake Island, Welcome Back Sailors, fOfY, Indian Wells, tu e molti altri… Sono tutti artisti che non hanno nulla da invidiare a molti oltre confine.
Se non si può forse ancora parlare di scena italiana direi che tutti i social network e il web in generale hanno aiutato e aiutano lo sviluppo di qualcosa di più grosso.
Ho notato come sia più semplice, rispetto al mondo “indie” relazionarsi e stringere rapporti umani e artistici con nomi internazionali, anche più grossi e influenti sulla scena.
Ho sempre trovato persone di cuore, disponibili, aperte a collaborare o anche solo a fare due chiacchiere via web sulla nostra musica. Ho trovato una sorta di super-famiglia, una “scena internazionale” pronta a condividerti con i propri fan e a supportarti. Questa è una cosa bellissima e pura. Anch’io nel mio piccolo cerco sempre di ricambiare cercando di condividere sulle varie piattaforme tutta quella musica che reputo interessante e che a parer mio merita di essere ascoltata. È anche così che si crea “una scena” secondo me. Supportandosi e aiutandosi… perché un artista tira l’altro, un disco tira l’altro e così via.
Per tutti questi fattori credo che sia un ambiente artisticamente super-stimolante.
Con questo credo che possiamo chiudere la nostra chiacchierata. Tu adesso cosa farai? Progetti/programmi per il futuro?
M: Allora sono ritardato io, scusa, per come la intendi tu, non lo so… io alla fine è solo due mesi che posto le mie tracce su soundcloud, mi è capitato quasi subito che Mmoths (produttore irlandese per cui stravedo) mettesse il like su U Stronger, cosa che mi ha portato un bel po’ di visibilità nei giorni successivi, tanti listenings e altrettanti download, purtroppo però apparte te, non ho avuto il piacere di scambiare pareri con nessuno che spacchi davvero, nonostante ci abbia provato… Forse non così insistentemente.
Per chiudere sì, ho dei programmi e delle aspettative, ma non dirò niente visto che niente è certo. L’unica cosa che posso dirti è che pubblicherò un altro EP, a “breve”.
Ci vediamo a Sant’Agostino a Modena caro.