FKA Twigs è tornata. In punta di piedi, silenziosa, con poche, ma meravigliose anticipazioni rilasciate nel corso dell’anno. È tornata a riempire la musica di senso, svuotata com’è oggi dalla facilità con cui passiamo al disco successivo.
MAGDALENE arriva dopo una genesi di cinque anni (da LP1 del 2014), durante i quali FKA ha costruito e demolito il suo precario equilibrio più e più volte. Suona come un disco di musica sacra perché sacra è la vita che FKA Twigs si tiene stretta dopo il periodo difficilissimo che ha appena passato. La rottura con Robert Pattinson e 6 fibromi all’utero che lei stessa ha definito “a fruit bowl of pain” per il peso e le dimensioni raggiunte nel suo corpo, sono forse la fortuna più grande che potessero capitare a noi ascoltatori. Perché FKA ci ha regalato attraverso il racconto della sua sofferenza sgraziata uno degli album più belli non solo del 2019, ma dell’ultimo decennio.
Il lavoro magistrale di twigs si apre con “thousand eyes”, brano che sembra registrato nel coro di una chiesa medievale e che si riferisce ai continui attacchi ricevuti dei tabloid inglesi per la relazione patinata con l’attore inglese, e ci porta attraverso la storia universale della vita: tutti attraversiamo un momento di buio (home with you, sad day), seguito dal momento in cui togliamo le mani dagli occhi (holy terrain, mary magdalene) e ricominciamo a vedere la luce (fallen alien, cellophane).
MAGDALENE prende il nome proprio da quella Maria Maddalena che è stata accanto a Gesù fino alla crocifissione, archetipo di donna difficilmente incasellabile in un’unica definizione e proprio per questo simbolo di un’autodeterminazione che oggi le donne devono conquistarsi ogni giorno. Ma Magdalene è stata scelta anche perché il suo nome deriva dall’aramaico migdal, che vuol dire torre e simboleggia per FKA la forza portante che le donne hanno nella società contemporanea:
A woman’s time / A woman’s work / A woman’s time to embrace / She must put herself first è l’invito, che fa a sé e a tutte noi, a provare compassione verso noi stesse quando ci sentiamo finite, rotte e confuse.
Compassione non vuol dire pietà, vuol dire patire insieme.
Vuol dire ammettere la possibilità della sofferenza.
Vuol dire sospendere la nostra tendenza a giudicare la debolezza.
Vuol dire imparare a riconfigurare la propria vita in ogni momento, sia dal punto di vista fisico che da quello emotivo.
Ascolto dopo ascolto, play dopo play,MAGDALENE diventa catartico.
Ti sembra di soffrire ogni volta un po’ meno, senti l’umanità diventare forza soprannaturale.
I beat prodotti da Nicolas Jaar, Koreless, Skrillex, Noah Goldstein, tra gli altri, si piegano alla visione di pop futuristico di twigs, pieno di glitch, distorsioni, tappeti elettronici, climax che si schiantano a terra come vetri rotti. La sua è una musica aliena in cui trova spazio anche un pezzo trap con Future, quanto di più lontano dalle intenzioni avant-garde del disco, eppure perfettamente fuso con il resto.
FKA è riuscita con soli due lavori a modellare un intero decennio e a trasmettere una visione della musica genderless e genreless.
Il messaggio di rinascita dentro l’album è chiaro:MAGDALENE non è una panacea. Non cura tutti i mali.
Guarisce solo quelli che si guardano dentro e non hanno paura di rimanerci per un po’.