Paraguaj è il nuovo progetto del barese Alessandro Montano che si definisce un artigiano della musica affascinato dall’esotico e da generi appartenenti a diverse latitudini: dalla cumbia, all’afrobeat, alla slow house, al blues arabo.
Dopo aver sperimentato la contaminazione di generi nel suo primo EP Dembelè, uscito nel 2018 sotto il moniker di Super Disco, Alessandro approda al nuovo disco, Shaker, con l’attitudine di producer.
Shaker è la prima pubblicazione sotto l’alias Paraguaj e nasce da un collage di diversi frammenti sonori ai quali vengono aggiunti sample vocali, profumi di terre differenti, suoni manipolati e amalgamati in un flusso che lega tra loro tutte le tracce di questo disco.
L’album uscirà questo venerdì ma puoi già ascoltarlo oggi in anteprima, dopo aver letto cosa ha da dirti Paraguaj:
“Shaker è un album dal carattere fisico ed anche un po’ “bastardello”, basato sostanzialmente su bassoni prepotenti, campioni stravolti e sintetizzatori che stanno in bilico tra il bisbiglio e gli anni ’80. Venivo dalla pubblicazione di un album completamente devoto alla sensualità pubblicato sotto lo pseudonimo “Super Disco”, Guirlande, e questo invece è il primo lavoro di Paraguaj, che è un’evoluzione naturale del progetto precedente, ma sono sempre io, solo che erano maturi i tempi per un cambio di nome dopo aver raggiunto un’identità definita con cui il vecchio alias probabilmente non si addiceva in modo coerente.
Giocavo a costruire alcuni beat, poi mi sono ritrovato con una coerenza del tutto involontaria ad avere tra le mani qualcosa che somigliava a delle tracce che per quanta roba ci avevo messo dentro mi sembrava suonassero in modo molto personale: quindi dentro il funk, l’hip-hop, le colonne sonore dei film western, il Messico, l’Oriente, il burrito, il kebab, Tarantino, Wonder Woman, Bruce Lee e Batman (quello con Adam West) e pure Stranger Things.
Io sono pugliese e forse la contaminazione ce l’ho nel DNA; chiave di volta di tutto il lavoro è stato l’incontro con l’etichetta che ha prodotto questo disco, Last Floor Studio. Grazie a loro mi sono ritrovato a suonare in posti splendidi condividendo performance con musicisti meravigliosi: Sabrina de Mitri al sax che ha improvvisato sui miei beat sulla spiaggia in riva al mare e in una seconda occasione con Sebastiano Lillo alla chitarra resofonica, sulla terrazza di un borgo splendido del brindisino. Gli esperimenti sono andati così bene che la gente ci chiedeva da quanto suonassimo insieme anche se in realtà il concept creato da Last Floor Studio (il Last Floor Electronic) è quello di mettere insieme musicisti di matrice elettronica e strumentisti, che tra loro non si conoscono, dando vita ad un live improvvisato con ogni volta un risultato unico e diverso. Quando ascoltai questo tipo di considerazioni mi venne quindi naturale cercare una collaborazione, cosa che poi s’è concretizzata dandomi quindi il piacere enorme di avere nomi di musicisti fantastici nel mio album come quelli di Sabrina e Sebastiano. E non finisce qui perché al lavoro partecipano anche Giovanni Chirico ed Umberto Coviello che sono stati così in grado di interpretare la mia roba in maniera stupefacente, aggiungendo tra l’altro un tocco personale preziosissimo che altro non fa che aumentare il valore artistico del disco.
Il titolo è Shaker per un motivo semplicissimo: lo shaker, campionato, strecciato, suonato, è il flusso che collega tutte le tracce; in più è uno strumento quasi rudimentale che però si trova nella musica fatta a tutte le latitudini, semplice, sabbia e legno nella maggior parte dei casi. Sottolinea la sincope. Io con questo disco ho voluto parlare di multiculturalità, di semplicità e fisicità, di paesaggi e profumi. A volte vuole parlare, a volte far ballare. Che poi parlare, ballare e suonare, sono esattamente la stessa cosa.”
Buon ascolto e buon viaggio:
Per presentarsi al meglio, Paraguaj ha voluto anche raccontarci traccia per traccia il suo album:
1. Raoul
La traccia più folle del disco. Chi è Raoul? Dopo il viaggio più bello della mia vita in Messico (quello di nozze) mi son rimasti i colori, i profumi e la simpatia per quel tizio: Raoul. Raoul era in piazza a Merida, le panchine erano verniciate di fresco. Aveva i baffoni e probabilmente l’ho immaginato. Mi ha chiesto una sigaretta. Poi su questa traccia ci suonano su Giovanni Chirico ed Umberto Coviello e mi ritrovo con uno strumento assurdo come lo zufolo siciliano suonato completamente fuori di testa che percepisce l’essenza completamente strampalata del brano ed una chitarra che conferisce una robustezza legnosa che in pratica diventa la piazza nella quale incontrai Raoul.
2. The Black Jiin
Mi sono chiesto cosa sarebbe stato se il genio della lampada avesse esaudito i miei desideri a ritmo di funk. Il risultato è questo, con Sabrina de Mitri al sax e Sebastiano Lillo alla chitarra resofonica, non poteva essere più chiaro di così.
3. Mexican standoff
Lo stallo alla messicana applicato alla vita reale. Ho sempre adorato quei momenti nei film western da ragazzino capendo poi, crescendo, che di momenti come quelli la vita è piena, dal lavoro ai rapporti interpersonali. E c’è sempre un momento in cui ti chiedi: chi sparerà per primo? Non sai se sei più al sicuro in quell’equilibrio o se aspetti la rottura, tipo liberazione, anche se ci rimetti personalmente. Qui la chitarra resofonica di Sebastiano Lillo fa rivivere la polvere della nuova California.
4. Bruce Lee
Ho sempre amato Bruce Lee. Un genio prima che il più grande artista marziale. Ho sempre guardato i film di genere che mi spinsero a diventare un pugile amatore e qui faccio un piccolo omaggio al mio mito filtrandolo con la lente di un altro mio mito: Tarantino.
5. Jewel
A cavallo tra i ’70 e gli ’80 Wonder Woman era funk quasi come Shaft e Batman non era ancora un cavaliere oscuro ma era ancora tutto “sbreng” e “splash”. Un tentativo di reinterpretare in chiave attuale le musiche che meravigliosamente impreziosivano quelle perle di serie tv in stato profumatamente agreste.
6. Nooh!
Questa traccia è uno scherzo. Mi sono divertito un sacco a produrla perché “no” è una parola che ho sentito spessissimo. E a volte non era manco vero.
7. Dwayne again
Ho pensato al tizio enorme (che mi sta pure simpatico) degli action movie moderni. Tipo ho pensato che se ci litigo altro che stallo alla messicana, l’unica cosa che spero è che il tempo si congeli finché non mi viene un’idea utilissima per defilarmi. Un pezzo in sospensione. Volevo finire questo disco con una sospensione tipo “to be continued”.