Aprire un cassetto e trovare un taccuino di cui non ricordavi l’esistenza. Un vecchio diario in cui un/a te adolescente metteva i Radiohead in loop e trascriveva le prime gioie intense, le prime delusioni logoranti, i primi barlumi di vita vera. Con il suo album di debutto intitolato “Collapsed in Sunbeams”, Arlo Parks ha aperto quel diario, raccontando a cuore aperto non solo la sua vita, ma anche quella di tanti altri.
Uscito il 29 gennaio scorso per Transgressive Records, etichetta il cui roster vanta nomi del calibro di Flume, Regina Spektor e della compianta SOPHIE, il disco era stato largamente anticipato dal lancio di diversi singoli. Già il 20 aprile scorso, infatti, Arlo Parks pubblicava sul suo canale YouTube la poesia “Black Dog”, immediatamente seguita dall’omonimo singolo che, centrando un tema fragile come quello della salute mentale nel pieno della pandemia, ha portato la giovanissima cantante inglese fino agli onori della cronaca americana e dritto negli studios di Jimmy Kimmel.
Eppure, dall’alto dei billboards di Times Square e dei suoi vent’anni, Arlo Parks continua a mantenere il profilo semplice ed onesto di una persona che solo poco più di un anno fa decideva di abbandonare l’università per dedicarsi totalmente alla musica e fuggire nel luogo più intimo e sicuro del mondo: la sua stanza, nella casa dei suoi genitori a West London. È qui che tutto è cominciato “in lavanderia con un microfono in equilibrio su un cesto della biancheria“, ed è qui che è riuscita a chiudere il primo frutto completo del suo lavoro, il tutto in pieno lockdown.
“È stato strano cercare ispirazione”, racconta, “perché non accadeva nulla intorno a me, allora leggevo cose che avevo scritto in passato. Volevo che questo album fosse una capsula temporale in cui racchiudere tutto ciò che ho vissuto fino ad oggi”.
In quest’ottica, è sufficiente leggere la tracklist del disco per capire quanto “Collapsed in Sunbeams” sia un prezioso collage di persone, oggetti, gesti e sensazioni, il tutto mirato alla ricerca di un contatto puro e diretto con la realtà che calza alla perfezione nell’estrema vulnerabilità universale di questi tempi. “Ho difficoltà a scrivere di metafore o di cose astratte. La ragione per cui scrivo è perché qualcosa mi è realmente accaduto”, ha spiegato.
Se le influenze negli ascolti di Arlo Parks non risultassero ben chiare già ad un primo ascolto del disco, è lei in prima persona che in diverse occasioni ha citato grandi nomi che spaziano dai Portishead ad Earl Sweatshirt, balzando da DJ Shadow a Syd per arrivare fino a Chet Baker. E in questo primo esperimento riassuntivo della sua identità, l’ultima star di Apple Up Next è incredibilmente riuscita a coniugare tutti questi mondi apparentemente lontanissimi, legandoli tra loro con quel retrogusto folk tipico della scena indipendente inglese cui da sempre rende omaggio. Tuttavia, ad onor del titolo del suo EP di debutto che era “Super Sad Generation”, la definizione di sé che non manca mai di dare è “that black kid who couldn’t dance for shit, listening to too much emo music”. È indubbio che questo suo lato dark sarebbe stato in estasi se, come da programma, la scorsa estate avesse potuto aprire le date del tour americano di Hayley Williams. Un sodalizio momentaneamente mancato che la stessa Arlo ha provveduto a colmare con una meravigliosa cover chitarra e voce di Lotus, brano tratto dall’ultimo EP solista della front-woman dei Paramore.
A coronamento di un progetto dalle linee così marcatamente introspettive, a due settimane esatte dall’uscita del disco, Arlo Parks ha pubblicato un post IG dove ha annunciato l’apertura di “Notes on Sunbeams”, una linea telefonica realmente attiva a cui è possibile lasciare un messaggio in segreteria. Sul sito ufficiale, in una sorta di nota scritta a mano chiede: “tell me about songs that have soundtracked important moments in your life and why. Tell me about a moment where you felt seen by others or gestures that made you feel better in tough times. Yours always, AP”. Se fossimo capaci di raccontare una vita con la delicatezza e la poesia di cui Arlo Parks è capace, avremmo già preso la cornetta. Ma forse non è nemmeno necessario aggiungere altro. “Collapsed in Sunbeams” racconta già un po’ di tutti noi.
Ascolta Arlo Parks che ti racconta il suo disco traccia per traccia nel video in esclusiva italiana qui sotto