1979 è il titolo del nuovo lavoro di Casa del Mirto.
Un circuito di colori fluorescenti, ma lineari; un contorno di linee che si attorcigliano su di te, a tratti ti spiazzano e ti catturano per liberarti con la coerenza della melodia intrinseca. 1979, data di nascita di Marco, è una raccolta che assomiglia tanto ad un’installazione artistica “futurealistica” (passateci il termine). Racconta ciò che è tra strumenti e tecnologia; racconta l’attimo come se l’atomo – sola verità – diventasse unica informazione. Pain In My Hand, uno dei brani dell’album 1979, è una sorta di cesura, un momento di pausa, in cui emerge l’anima, shoegaze di Casa del Mirto; come un aereo che cambia direzione. Viene lasciato “libero” il suono della chitarra al quale si accompagna una voce leggermente amplificata, per poi tornare nuovamente ai suoni elettronici. 1979 è un tunnel psichedelico che ti spinge ad andare oltre, a chiedere cosa avviene dopo, ad ascoltare la prossima canzone (a riascoltare l’intero album). La cosa essenziale è che nonostante lo stile ad un ascolto superficiale possa sembrare esageratamente elettronico, l’album risulta ascoltabilissimo. Un album da camera, dai toni freschi, effervescenti e abbastanza decisi, ma allo stesso tempo con qualche tono basso e dimesso.
In realtà è proprio così: 1979 è album che vive di dualismi e principalmente del dualismo tra mondo reale e mondo digitale – quasi proprio come noi, nell’anno 11.
E se il mirto fa questo effetto, lo consigliamo a chiunque!