Nel 2011 Mac Miller aveva appena 19 anni e un mixtape alle spalle, K.I.D.S., con il quale aveva dimostrato che un ragazzino di quell’età può avere le idee chiarissime su chi vuole essere da grande e avere tutte le carte in regola per poterlo diventare.
Nel 2011, Mac Miller decide che è arrivata l’ora di finirla di farsi grosso nel quartiere vantando stile, tecnica e 20 paia di Nikes stockate nell’armadio di casa della mamma.
Nel 2011, finalmente, Mac Miller arriva ad un punto di rottura col passato, ad una maturazione irreversibile come uomo e come artista: dieci anni fa, l’8 novembre, usciva il suo primo album, Blue Slide Park.
Cosa si prova a dover cercare il titolo perfetto per un primo album così promettente? Agli sgoccioli delle sessions di registrazione e dopo mesi di agonia, qualcuno con una camera in mano immortala Mac in studio esattamente nel momento dell’illuminazione divina: “Hey! Ho un titolo per l’album: ‘Blue Slide Park’. Conoscete Blue Slide Park?” chiede ai presenti. Si alza una voce: “Ma… sicuro che la gente lo capirà?”, chiede qualcuno. Mac risponde risoluto: “Non importa. Ha un suo senso estetico”.
Blue Slide Park è una sezione del parco urbano più grande di Pittsburgh, sita nei pressi della casa natale di Mac e chiamata in questo modo perché, tra le tante giostre, la più gettonata è un grosso scivolo blu incastonato in una collina. E’ il fratello maggiore di Mac, Miller McCormick, a disegnare la copertina di questo album così determinante per la sua crescita artistica. Il design della cover diventa così un’occasione concettuale per omaggiare questo luogo della loro infanzia: un grande, grosso scivolo blu immerso nel verde del parco che li ha visti diventare grandi.
Anche musicalmente, il disco si presenta come un viaggio attraverso la vita nel Frick Park. Dopo una tranquilla passeggiata lungo English Lane, arriva una tracklist che è tutta un programma: Blue Slide Park / Party on 5th Ave. / My Team / Up All Night / Loitering / Hole In My Pocket, già lette in sequenza basterebbero da sole per stendere lo script di un film.
In questo track-by-track del disco, nel raccontare Under The Weather, Mac confessa di aver comprato strumenti musicali a caso tra chitarre elettriche, synth e aggeggi vari per un totale di 15k dollari, e di aver insistito per usarli tutti anche quando risultavano fuori luogo. È forse per questo che il sound del disco risulta ancora un po’ caotico, e si percepisce una ricerca spasmodica di riferimenti dalla Old School al Gangsta Rap, per finire appunto ai Ramones e al Punk Rock. Eppure, forse è proprio questo ampio spettro di sonorità che permette a Mac Miller di debuttare con Blue Slide Park al n.1 della Billboard 200, segnando un primato quasi assoluto per un album distribuito da un’etichetta indipendente e privo di qualsiasi featuring.
Of the Soul è forse l’unica traccia del disco totalmente ripulita da qualsiasi riferimento didascalico, il che rende possibile scorgere in modo netto il Mac Miller del futuro. Non solo le sonorità sono affini a molto di ciò che Mac avrebbe esplorato qualche anno a venire, ma il pezzo balza subito all’orecchio per una riflessione in apertura:
Uh, looks like I wrote this song on paper
First time I did that in like three years
My handwriting is—, is horrible and I can barely read this.
Quella calligrafia tanto odiata Mac l’avrebbe usata anni dopo, sul fondo della piscina di un locale a Milwaukee, per scrivere:
Io sono Mac Miller.
Ho vissuto e ora sono morto. La mia anima resta qui.
Enjoy…
PS: Ho fatto sold out in questo posto 3 volte.
“I am Mac Miller. I once lived now I am dead, my soul remains here. Enjoy… P.S. I sold this place out 3 times” pic.twitter.com/OtcznO5Uni
— The Mac Miller Memoir (@MacMillerMemoir) October 28, 2018
In onore della sua memoria, oggi lo scivolo di Blue Slide Park è registrato su Google Maps come “The Blue Slide of Mac Miller”.