Siamo arrivati al fine settimana; e insomma almeno per me è stata una settimana abbastanza altalenante.
Ho deciso, quindi, di prenderla un po’ sul personale il permettermi di recensire, anche se ascolto cose che, in fondo, sono sulla bocca di tutti, e ogni tanto mi serve qualche dritta.
Facciamo che per sta volta parliamo di una bella fanciulla. Ve la ricordate “Daniel”?!
Dai, tutti abbiamo almeno pianto su “Daniel”. E poi è una figa di dio lei in bici di notte nel video “What’s a girl to do”.
Sto parlando di Bat for Lashes, of course.
Non vi sto a raccontare vita morte e miracoli di Natasha Khan , la conosciamo tutti.
Uscito da poco il nuovo lavoro, “The Haunted man”. Se ne era parlato già largamente qui con l’anteprima di ben 6 brani (spero vi siate già fatti un’idea, o vi siate soffermati per un ascolto).
Paragonata spessissimo a Kate Bush (che io adoro), o al canto da sirena che ammalia come nell’Odissea, questo disco non mi sembra il giro di boa, ma è comunque un buon lavoro.
Mi perdo nell’ascolto della prima traccia, “Lilies”, e il viaggio parte già bene sulla sua voce.
Melodie delicate che ti incantano da subito, appena premi play, voce angelicata in crescendo, che termina in un turbinio di suoni e voce ben impostata. E questo pezzo già lo amo.
Un album sicuramente più maturo rispetto al precedente “Two suns”, e non facciamoci condizionare dai titoli, anche questo è un album con una particolare “luce”, ma anche pieno di ombre, di suoni chiaro scuri.
C’è un bel po’ di elettronica sparsa qua e là, ma non eccessiva. E sappiamo bene quanto piaccia a Natasha raccontare di sé, delle sue inquietudini, di quello che la circonda sperimentando con vari generi e suoni. Per tutto l’album si manifesta quella atmosfera un po’ gotica, ma anche un po’ primordiale, da boschi con la nebbiolina e riti da sciamano, a cui Natasha è affezionata.
Super elettronico è il brano “Oh Yeah”, che parte con un coro simil gregoriano, e poi si svincola ritmicamente alla grande con i suoi urletti.
Dopo “Daniel”, c’è anche “Laura”, pezzo triste anche questo, attacco di piano da “aiuto mi stanno scendendo le lacrime da sole”, e non ci puoi far niente è così. Cioè leggo il testo e piango, ma sicuramente perché sono sensibile io in sto periodo, ma non si può non cantare a squarciagola “You’re the train that crashed my heart / You’re the glitter in the dark”.
E gli accostamenti a questo punto mi vengono spontanei, un po’ Florence, un po’ Goldfrapp, e perché no, voce così leggere e gorgheggi alla Beth Gibbson dei Portishead (a me molto cari). Sto per dire un’eresia? Occhei, la dico: il brano “Marilyn” , ed è subito Lana Del Rey per la tipologia del testo, e volendo per il riferimento all’icona pop.
Altro pezzo che amo di questo album e che mi ha pienamente convinto è l’omonimo “The haunted man”, e anche in parte “Winter Fields”, anche se mi devasta con questi suoni un po’ antichi.
Nel complesso, un album che trasmette quel senso di speranza, spleen giusto, uk andante meno americaneggiante (perdonate il neologismo) dei primi due.
Almeno 50 ascolti nell’ipod se li fa tutti.
Streaming in caso te lo fossi perso: