Oggi nelle mie cuffie banchettano i My foolish heart e gli chiedo di raccontarmi una storia che sia coerente con il mio stato d’animo, con il maglione che indosso, con la cronaca politica e con il caffè. Schiaccio play e incrocio le dita dietro la testa. Ocean Ocean è il primo album (dopo l’omonimo EP di due calendari fa) dell’eclettico duo astigiano che con la Happy/Mopy redige un disco coeso e privo di contraddizioni che rimanda i miei pensieri all’etimologia della parola simpatia, che ad Atene significa partire insieme. E il viaggio è un good-trip sonoro che racchiude arrangiamenti pop e arzigogoli psichedelici di pregevole fattura che rendono il lavoro uno scrigno ricco di memorie e di vibrazioni sonore (mi chiedo quanti strumenti esistano al mondo). La voce è dolce e sognante e fa surf su chitarre e pianoforti educati che vengono a cena portando una bottiglia di vino (mettere repeat sull’overture After eight). Le trombe di Nothingness commemorano Il pasto nudo di Cronenberg, mentre i reverse e le melodie di Sootiness, sonsy girl ballano smodatamente su una bellissima batteria che corre veloce in autostrada. Ma il vero trattato di poesia dell’album lo si scorge nei titoli di coda, precisamente nel ponte della cacofonica e geniale Ocean Ocean con un inquietante e divertentissimo gioco di voci. Che ho detto è ora di scrivere. E non è mai facile metter nero su bianco le sensazioni piacevoli.