Sorprendente e affascinante come la storia della dea egizia (Nut, per l’appunto) che mangia il sole e le stelle di sera per partorirle al mattino, così anche i pisani Nut, con le loro sonorità oniriche e notturne ci regalano un mondo che, nonostante possa risultare triste e angosciante, trova nello stile tutta la sua potenza, risultando interessante e avvolgente in tutto e per tutto.
Gravità Inverse è il titolo del loro primo full-leght, prodotto dall’etichetta discografica Sinusite Records.
Gravità Inverse è una lunga riflessione su ciò che siamo, con un sound curato e variegato. L’alt-rock si unisce alla musica psichedelica, sapendoti graffiare per poi perdersi in dilatazioni post, per lasciarti sospeso tra i pensieri e la monotonia di certe giornate, senza mai perdersi in sterili virtuosismi; certo, c’è dentro molta roba, ma i nostri sono stati molto bravi a saperla rendere senza risultare mai scontati. Dai Tool ai Verdena, mi verrebbe da dire, con un finale prog unico, Orme sovrapposte.
I Nut hanno dimostrato di saperci fare. Gravità Inverse è un disco viscerale dal carattere determinato. Poco importa se può apparire triste e dilatato. Ciò che conta è esserci e saperci stare.
L’album gode inoltre della collaborazione di Nicola Manzan e di Marina Malopulos e della produzione di Giulio Ragno Favero.