Il disco dei Mai Personal Mood è uscito nel 2012, a Novembre. È passato un po’ di tempo, ma siamo qui a proporvelo lasciando spazio alla band stessa che si è prodigata in un discoraccontato® molto personale e diretto.
CACTUS
Quanti problemi per collocare questo brano nella tracklist, ed è pure finita che si è preso il titolo del disco!
A parte ciò, aprire con una chitarra “decisa” ci sembrava la soluzione migliore per una partenza adatta senza discostarsi dal passato e infatti è un brano che fa da raccordo fra le vecchie intenzioni e le nuove sonorità, un pezzo rock che mantiene una drum con cassa e hihat in levare.
Nel testo è messa in evidenza la voglia di allontanarsi e fuggire da un ambiente arido, per noi significava “provincia”, il concept alla base dell’album, il brano più gridato, si vede che eravamo decisamente incazzati.
BOOM CORNELIUS
Poi ci siamo calmati, la rabbia esplosa è diventata Boom Cornelius, un esperimento ben riuscito in cui la presenza di sonorità estremamente elettroniche non tradisce l’immediatezza pop, c’è molto di Mai Personal Mood in questo brano, ci sono tutti gli elementi presenti nel disco e nel nostro modo di scrivere.
Immaginate insomma una città europea, il fascino del nuovo, la bellezza di un viaggio, gioia a palate.
GUADALUPE
Segue deciso la scia di Boom Cornelius, un groove forte che incontra le chitarre nel ritornello aprendosi ulteriormente. Probabilmente influenzati da un certo tipo di “ambiente” un po’ cool si dice, un po’ roba da indie snob, e si, così si dice, è un brano dedicato alla diversità, prendetela come vi pare, sessuale o amorosa. Noi siamo dei tipi alla moda.
SENZA COSTUME
Nato con la cravatta, così come lo sentite, non ha avuto più bisogno di essere ritoccato, succede poche volte e forse si percepisce.
Cantiamo davvero in italiano in questo pezzo, e provateci pure è un brano che trova la sua dimensione ideale al tramonto o alle prime luci del mattino.
Liberarsi, svuotare la mente e andare al mare, senza costume.
FOBIE
Ci siamo lasciati prendere la mano dai synth, sul finale però lo abbiamo caricato di un’apertura che dal vivo è una bella botta senza escludere l’attenzione da “circo” che si scatena al momento del Theremin suonato.
Le fobie dei ritardi poi sono un vecchio problema dei Mai Personal Mood, in verità sempre attuale.
NOI, DI NOTTE, GLI ERRORI
Il rapporto fra gli spazi della città, l’uomo e l’amore ci affascina da sempre. In una corsa continua fra luoghi e visioni finisce che l’uomo aspetta invano al bar una donna che non arriverà mai. Ha sbagliato lui però, appuntatevelo, donne. Mea culpa dei Mood.
Forse si sente troppo Battisti? e i Phoenix? Beh alla fine si conclude come sempre con un finale delirante, ci teniamo sul serio però è una brano molto Personal per i Mood.
Y MENTAS
In piscina con un latte e menta, dopo questa folgorazione intellettuale il brano ha preso forma da solo, l’elettronica è abbastanza di matrice esterofila, insomma ci sta, secondo noi finisce che vi mettete a ballare.
PAUL
Colpo grosso: “Le tue scarpe sono qua, le hai lasciate a casa mia, e adesso come si fa?” adatto ad un certo tipo di risveglio, roba da mezzogiorno, rendetelo vostro.
A dirla tutta eravamo partiti dall’idea di costruire una storia sul film “Bianca” di Nanni Moretti, non so se ci siamo riusciti ma il risultato ad ogni modo è godibile. Usare il vocoder nel ritornello ci ha gasato, le chitarre al cioccolato seguono l’inserto elettronico che cresce con l’andamento del basso e della batteria che ti portano mano a mano per tutto il brano.
COYOTE
Ci siamo spinti più lontano, la cassa fissa e il synth bass fanno da padrone a questo brano fino al crescendo portato avanti dai synth, parte la voce lontana, gli ambienti sonori cambiano gradualmente e si libera prepotentemente nel finale un muro rock. Questo cambiamento repentino è anche alla base del testo. Dal vivo è bello da suonare, praticamente come diciamo noi se ti metti le cuffie è abbastanza “nu trip”.
L’ATTESA
Un brano che ha avuto modo di prendere la sua forma definitiva in studio durante le registrazioni.
Introspettivo, studiato e calibrato, lascia sedimentare tutti i suoni del disco, tutti i brani ascoltati.
Due momenti ben distinti nell’arrangiamento, il secondo sgancia la tensione del primo, una sorta di catarsi dopo tutto il lavoro svolto con l’attesa appunto di cominciarne uno nuovo (quando il disco avrà fatto il suo percorso) o di aspettare un futuro prossimo anche generazionale che faccia ben sperare: “Qui si prega in attesa, la gente si stanca, sogna un po’”.
Raccontare Cactus lo ha reso più chiaro anche a noi, grazie DLSO ora possiamo dire che tutto questo è Cactus.