Quella che vi presento oggi è una delle tante band che capita di scoprire quasi per caso in rete, e che già al primo ascolto ti lasciano qualcosa. E immediatamente ti chiedi quale possa essere il motivo per cui non li hai mai sentiti prima, “in giro”. Con la differenza che stavolta eravamo così curiosi, noi di DLSO, che abbiamo pensato di chiedere direttamente ai ragazzi…ah, già: sto parlando degli Hellosocrate. E questa è una chiacchierata alla mano:
Ciao Hellosocrate, vi va di presentarvi ai lettori? da quanti anni suonate insieme? come vi siete conosciuti?
Salve lettori, una premessa: diremo la verità, solo verità. Tanto la verità non esiste…
Hellosocrate è un’idea che nasce nel 2007. Attorno a questa idea si è creato un nucleo di persone e piano piano si sono definiti tutti i componenti.
Venite da Civitavecchia, che è un (bel) po’ più di un paese (in provincia di Roma, per chi non lo sapesse). Giusto per restare agli ultimi anni, proprio all’auditorium e al teatro Traiano della vostra città avete presentato il vostro ultimo disco. E un concittadino come Pino Quartullo vi ha voluto sul palco, a teatro, a suonare dal vivo la colonna sonora della sua rilettura de “La Cassaria” di Ludovico Ariosto. Quindi almeno all’apparenza, sembra che la vostra carriera sia molto legata al posto in cui vivete.
Sì, lo è sicuramente. Civitavecchia è una città dalle grandi contraddizioni, abbastanza vicina a Roma per subirne le conseguenze, abbastanza lontana per goderne i benefici. Ha tante energie però e fin dall’inizio abbiamo cercato di collaborare con chi da tempo lavora per e con la musica in città.
La collaborazione con Pino Quartullo per le musiche de “La Cassaria” è stata l’occasione per confrontarci con un mondo che ci era solo apparentemente lontano; e ci ha dato modo di fare per la prima volta arrangiamenti con archi e fiati che poi abbiamo usato nel disco. E’ durante questo lavoro che abbiamo conosciuto il maestro Claudio Scozzafava con il quale, musica per il teatro a parte, abbiamo cominciato da subito a collaborare; in realtà senza stare troppo a pensare a quale etichetta dare alla nostra musica (pop, leggera, indie-pop, new o post qualcosa). Siamo fortunati perché nel tempo abbiamo incontrato professionisti che avevano voglia di partecipare al nostro progetto. Mettendosi a disposizione in maniera veramente indipendente e consapevole che la discografia è cambiata, da anni. Forse sbagliamo ma crediamo che tra lo schema: “il produttore metti i soldi, l’artista incide, il cd vende, tutti si guadagna” e lo schema: “il disco me lo registro in cameretta” forse c’è spazio per un’altra via.
Il disco a cui abbiamo accennato, Un forte giramento di testa, è stato arrangiato tra l’altro da due maestri: Claudio Scozzafava e Flavio Mazzocchi. Maestri non per modo di dire. Ci spiegate com’è nata la collaborazione, e come mai avete deciso di proporre della musica orchestrale? Più in generale, vi sentite più una band o una piccola orchestra?
La collaborazione con Claudio e Flavio è nata insieme all’idea stessa dell’album. Ogni brano è stato condiviso da subito in preproduzione e la scelta di usare l’orchestra è stata naturale. Più che un omaggio a una certa musica anni ’60-’70 è l’esigenza di usare un linguaggio codificato e riconoscibile nel pop senza essere in stile. Ci sentiamo una band, che in fondo è una piccola orchestra…
Ascoltando i brani, il mio primo commento è: “questi ragazzi dovrebbero suonare a San Remo”. Non in QUESTO San Remo, ma in un ideale festival della musica (pop) italiana. Ci raccontate la vostra reale esperienza con i concorsi dedicati alla musica italiana?
Grazie, è un bel complimento. Abbiamo partecipato a qualche concorso negli anni; principalmente è un modo per farsi conoscere; Musicultura è stata una bella esperienza, forse l’ambiente è un po’ autoreferenziale ma in questo mondo è un rischio che si corre spesso. E’ comunque una buona occasione per presentare il proprio lavoro, stringere rapporti e più raramente incontrare produttori o etichette. Sicuramente ascoltare altri artisti; certo poi arriva quello accompagnato dal vocal coach famoso o quello che si crede alternativo perchè suona l’acustica e il tamburello suonato con il piede… e ci cascano pure in molti…
L’album è totalmente autoprodotto. Registrato a vostre spese allo studio R&B di Max Rosati e distribuito autonomamente. Non voglio sapere delle spese, quanto piuttosto di cosa abbia significato per voi dover fare tutto da soli. Sono stati più i disagi o i vantaggi?
Per le spese possiamo dirti che avendo trovato dei collaboratori che avevano voglia di aiutarci ci siamo venuti molto incontro. La libertà è un vantaggio ma poi devi comunque fare i conti con i giorni di studio che puoi permetterti, il tempo che stringe e di sicuro anche il portafogli (la vita intanto, fuori dallo studio, scorre anche se non te ne accorgi). E’ vero, nessuno ci ha imposto niente e tutte le decisioni le abbiamo prese noi; il rischio grosso è di ritrovarsi un bel disco in mano e non sapere neanche a chi farlo ascoltare. Per fortuna sul web ci sono persone come Enrico Veronese che sanno ancora come aiutare nuovi prodotti.
E’ passato quasi un anno dall’uscita di “Un forte giramento di testa”. Lo avete suonato in giro, avete ottenuto qualche buona recensione. Non si è fatto avanti nessun produttore?
Il disco è stato suonato poche volte, in città è stata fatta la presentazione. Sì, abbiamo avuto qualche recensione figa e alcune proposte interessanti. I produttori li abbiamo cercati noi ma le etichette sono poco interessate ad un lavoro autoprodotto. Forse siamo capitati in un periodo proprio nero ma per quanto apprezzassero l’album finora abbiamo incontrato etichette in ristrettezze… E’ anche per questo che ci abbiamo messo un bel po’ ma dovremmo essere riusciti a fare qualcosa di buono. Ora stiamo combinando per un’uscita (rivista e corretta e forse con l’aggiunta di altro materiale) a gennaio…
P.S. ci serve un servizio booking, Dance Like, lettori, conoscete qualcuno?
Per concludere: so che avete letto con interesse le parole dei Carpacho!, qualche giorno fa. La vostra esperienza è per alcuni versi di segno opposto, ma per altri invece vi trovate sulla stessa barca. Ecco, secondo voi in che senso davvero oggi le band che cercano di suonare musica rock o pop onesta, senza farsi indirizzare da un “mago della comunicazione”, sono sulla stessa barca? quali sono i problemi comuni, quelli per cui davvero bisognerebbe riscoprire il valore della solidarietà e smettere di farsi soffocare da invidie/antipatie?
Sì, la barca è la stessa… ed il mare è agitato. Essere indipendenti tra gli “indipendenti” oggi è quasi impossibile ma è la strada da seguire. L’etichetta non può spendere ma vuole guadagnare. Il booking senza etichetta non ti dà retta. Tutti se la menano col web ma poi pretendono la distribuzione fisica. I giornalisti “vorrebbero tanto” parlare ma se non sei edito non c’è spazio. I locali ti fanno suonare solo hai le caratteristiche di cui sopra. L’ufficio stampa vuole “novità” per un mercato che non c’è e per dischi che non si venderanno. E’ un cane che si morde la coda; e la coda è pure corta…
E’ vero, si dovrebbe riscoprire il valore della solidarietà e liberarci dalle “indiepatie”; soprattutto ora che major e produttori indipendenti fanno discorsi sempre più simili. Però dobbiamo renderci conto che tutto è cambiato e che l’unica cosa importante rimane suonare. Suonare, suonare. Noi ci stiamo.
Arrivati a questo punto, mi sembra logico consigliarvi di iscrivervi alla pagina Facebook della band. Per invogliarvi, vi lascio lo streaming di Un forte giramento di testa. E un grossissimo in bocca al lupo agli Hellosocrate!