Facciamo una cosa, vi racconto un frammento della mia adolescenza nel tentativo di riordinare le idee. Sono su di giri, graziatemi. Un po’ di pietà. Qualche anno fa a Bologna c’era la scena hardcore-screamo che ravvivava le serate coi ghiaccioli. Serate come queste. Col fumo che esce dalla bocca. Col disagio di una collettività disagiata. Che la musica ti sembra sempre la stessa. C’era il Boombap a due passi da Bologna, una casetta in campagna, con le scritte sui muri, con la birra a prezzi popolari e un sacco di regaz (come si chiamano da queste parti), i concerti degli Hilldale, dei La Quiete, dei Wax Anatomical Models. Stasera sono davanti alla finestra con le braccia conserte e nelle cuffie urlano i Distanti, un tuffo nel passato hardocore, con le chitarre fuzzate e compressate, i bassi distorti, la voce pigra e lamentosa a declamare con enfasi una serie di autorevoli trattati poetici.
E Mamba nero, redatto pochi giorni fa dalla To lose la track, è un extended-play profondo, ricolmo di vigore e di fame. Un bel morso ad un limone con lo zucchero. È spietato, è punk, è acido, è Burroughs, è Céline, è Bukowski. IL TRIO delle meraviglie. Che cosa tifi stasera? Io, una coperta elettrica e non andrò a fare nulla di che nella vita. Ascolto e riascolto l’EP, lo ingollo e decido che uscirò di casa per vedere se è cambiato qualcosa. A fine giornata. Sono su di giri, come dicevo. Foglia di fico mi evoca i Suis la Lune, corrosiva e infelice, con le chitarre sporche in secondo piano che mi mandano in orbita e le dinamiche che sono un ottovolante. Ma l’apogeo di questo scrigno è Astronomie, dico io. Con un basso violento e una melodia della voce che mi fa tornare a galla.