Marco Puccini è la prova vivente che i miracoli esistono. Illustratore e video maker riconosciuto sul territorio di Milano e non solo, appassionato sovvertitore di sfondi lunari in terreni d’incontro tra personaggi improbabili, è soprattutto una cara persona capace di mandarti in due giorni il materiale che in genere ti girano in tre settimane. Abbiamo chiacchierato con lui di nostalgia del passato, di biografie personali e di influenze che non sapeva di aver metabolizzato. Prendi uno dei suoi artwork assemblati e guarda il mondo che si porta dietro.
Sul tuo sito non compare la tua bio. L’hai dimenticata o hai scelto volutamente di non raccontare chi sei e da dove vieni?
L’ho volutamente omessa perché trovo estremamente noioso scrivere la bio. Quella che uso abitualmente è aggiornata al 2010.
Lavori tra Milano e Firenze. Nei tuoi lavori cosa prendi dall’una e cosa dall’altra.
Milano è la città in cui ho appreso a beneficiare della “sana” competizione che nasce entrando in contatto diretto con le realtà creative e produttive più significative del nostro paese, ed ha influenzato le mie scelte artistiche sia visivamente che tecnicamente, specialmente da quando mi sono stanziato qui. Da Firenze prendo invece l’ossessione per certi elementi della natura nei background e per le campiture piene di colore. Firenze è una città che, sebbene adottiva, ritrovo sempre dentro di me in qualche modo.
Raccontaci qualcosa della rivista con cui collabori, Antipasto Magazine. Con quale intento nasce e dove vuole arrivare.
Ho collaborato con Antipasto Magazine ad uno dei primi numeri (il 3 per l’esattezza). La rivista si propone di mostrare al mercato cinese le “eccellenze” del Made in Italy attraverso immagini ed esperienze di trendsetter/artisti/illustratori/cuochi. È curata da un noto tape artist milanese (No Curves) in qualità di art director e da Athena Choi (editor che vive e lavora ad Hong Kong).
Il complimento più bello che ti sei sentito fare.
C’è n’è uno che mia nonna mi ripete le rare volte che mi vede (ultimamente, anche più di una volta nel corso della stessa giornata come fosse in loop), sin da quando ero bambino, e che mi fa molto ridere. Ma per pudore non lo ripeterò qua.
I passaggi dietro la realizzazione di un tuo video.
Dipende, naturalmente, se si tratta di un video collegato alla mia professione o se si tratta di un video legato ad un progetto creativo.
Nel primo caso, lavoro prima ad uno storyboard concepito a stretto contatto coi vari art director e poi mi occupo sia delle riprese che del montaggio finale. Nel secondo caso invece lavoro in maniera del tutto istintiva, solitamente fino a notte inoltrata sotto l’effetto dell’insonnia.
Puoi scegliere di tornare ad un anno particolare della tua vita: qual è e cosa facevi?
1995. Lavoravo ad una scenografia di “Giorni Felici” di Samuel Beckett per la compagnia Krypton. Vivevo in un grande capannone/laboratorio fuori Firenze con un vecchio amico: quando c’era il sole scorrazzavo sulle colline del Chianti a bere buon vino rosso e, nel weekend me ne andavo al Link di Bologna (quando era ancora il “vecchio” Link!).
Ci mandi una fotografia della scrivania sui cui stai lavorando in questo momento?
Com’è stato lavorare con Virgilio Villoresi per Moleskine? E con gli Esperanza?
Virgilio Villoresi è un vecchissimo amico con cui, spesso, ho collaborato a progetti audio visual (soprattutto ai tempi in cui andavo di moda) e con cui ho inoltre passato un bellissimo periodo della vita. Il progetto per Moleskine è un suo progetto autoriale sull’utilizzo della tecnica della prospettiva forzata a cui mi sono trovato a collaborare come assistente e per cui ho firmato il making of che, assieme al video finale è stato pubblicato nel dvd Best of Best 2011 pubblicato da IDN. Essendo Virgilio un vulcano di idee è sempre comunque un piacere collaborare con lui in qualsiasi forma.
Con Esperanza è nata prima di tutto un amicizia con tutti e tre i componenti al gran completo, anche se in periodi e modi completamente diversi. Sergio Maggioni l’ho conosciuto proprio grazie a Virgilio Villoresi. L’amicizia si è poi concretizzata in un tour de force di montaggio serrato – dal tramonto all’alba – a casa mia nell’arco di una torrida giornata estiva milanese a base di birre e take away cinese.
Quanta influenza c’è di Tokidoki nel tuo immaginario?
Ad essere onesto credo nessuna, per lo meno in maniera conscia. La domanda però ha scatenato in me profonde riflessioni a cui sto ancora cercando di trovare una risposta.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?