“Non si butta via niente”. Che è un po’ la filosofia cardine dell’arte povera. “Non c’è abbastanza spazio per i giovani”. Che è un po’ il tumore dell’arte nostrana, e in senso lato dell’intera baracca nazional-popolare.
E allora quale modo migliore avrebbe potuto scegliere il MAXXI, torniamo a parlarne, per tuffarsi tra i luoghi comuni che ci animano se non quello di proporre un’epocale retrospettiva sull’opera del vetusto Michelangelo Pistoletto, meglio noto come “l’uomo che ti impedisce di guardare il film al cinema a causa dalla sua acconciatura tragicamente voluminosa proprio lì davanti a te” dell’arte italica. Sì, c’era una velata critica qui.
Il punto è che ogni istituzione museale italiana non sarà mai tale senza una degna esposizione di glorie dell’arte povera, questo movimento che per decenni, dalla metà degli anni sessanta, ha pompato sangue per la nostra scena artistica con indiscutibile carisma, ma che ora rappresenta un ingombro per le giovani e inibite generazioni.
Così il nostro Museo delle Arti del XXI secolo ha inaugurato lo scorso 4 Marzo una monumentale esposizione sul maestro Pistoletto che sfoglia i cataloghi dal 1956 al 1974, inglobando quel lasso di tempo che ha visto l’arte povera come dominatrice dei palcoscenici artistici di tutto il mondo e ripercorrendo i temi più vivaci della produzione pistolettiana.
Quindi troveremo la serie degli stracci, apoteosi delle filosofie del riuso, compresa la meravigliosa venere (non abbiamo mai espresso disprezzo verso l’operato di Pistoletto, sia chiaro, anzi lungi da ciò), piuttosto che i metafisici quadri specchianti, promessi in un allestimento da luna park in cui poter perdere ogni cognizione fisico-materiale.
L’esposizione, curata in collaborazione con il Philadelphia Museum of Art, rimarrà al MAXXI fino al 12 Agosto e se siam qui a parlarne non è solo per tornare a far critica circa le scelte del cda del MAXXI tese a fossilizzare nel passato un’istituzione nata per guardare al futuro, ma è anche e soprattutto per fornirvi spunti coi quali possiate nutrire la consapevolezza di far ancora parte di un colosso culturale che dopo aver cavalcato l’onda per secoli è arrivato alle soglie del terzo millennio ancora a testa alta grazie agli accattoni dell’arte povera e non solo (non dimentichiamo il grandioso movimento della Transavanguardia fondato nel ’79 e le ultime generazioni di artisti “scostumati”). Per il resto, magari, nei prossimi mesi quei nostalgici del camioncino Volkswagen a capo del MAXXI ci grazieranno di attenzioni alle nuove promesse italiane come Daniele Galliano o Maurizio Cannavacciuolo (citazioni da spocchia never without).