Roberto Blefari ha scelto lo pseudonimo Hikimi per farsi rappresentare da un’idea che altrimenti sarebbe stata difficilmente figurabile. Leggerezza, come quella delle nuvole tra cui perde la testa quando non è costretto ad un tavolo dagli impegni di lavoro. Pare che gli piacciano tanto il thè nero, le barchette di carta e le case sugli alberi, e il suo immaginario è chiaramente una sintesi di tutti questi elementi. E dei ricordi di un’infanzia di cui si è portato dietro tutta l’intrinseca malinconia.
Raccontaci di Ivrea, la città in cui sei nato, al di là delle storie note sulla macchina da scrivere.
Le storie che conosco su Ivrea sono quelle legate alla mia adolescenza semi-spensierata. Negli anni avrei voluto imparare ad amarla di più ma ancora non ci sono riuscito. Forse non mi ci sono mai sentito troppo a mio agio e una volta trasferito a Torino io, e un po’ ovunque i miei amici di allora, non l’ho più sentita come mia.Ci torno spesso perché i miei genitori vivono ancora lì ma non riesco più a viverla come un tempo. Nei miei ricordi sa di torta 900, ed è sempre primavera ai giardinetti sul lungo Dora.
Hikimi, leggerezza. Cos’è il suo esatto opposto per te?
Tutto ciò che è triste, serio (nel senso ingessato del termine), negativo, stanco e ottuso.
Quanto tempo impieghi per terminare un’illustrazione?
Dipende da quanto sono soddisfatto del risultato finale. A volte sono abbastanza sicuro di quel che ho disegnato
quindi ci metto relativamente poco. Altre volte, invece, arrivo al punto che devo mettere da parte l’illustrazione alla quale sto lavorando per poi riguardarla giorni dopo e capire che va bene così (quindi basta paranoie) oppure iniziare tutto da capo.
La critica più costruttiva che ti sia mai sentito fare.
Più che una critica è stata un’osservazione fatta da mia sorella: “ma perché nei tuoi disegni non sorride mai nessuno?”.
Fino a qual momento non ci avevo fatto caso ma effettivamente stavo tirando fuori tutto il disagio che provavo in quel periodo, senza filtro. Grazie a quella riflessione ho imparato ad usare il tratto più malinconico del mio carattere per creare il contrasto tra le atmosfere infantili e il pensiero adulto delle mie illustrazioni. Sono poi seguiti anche molti consigli da persone che stimo molto e che cerco sempre di seguire.
Cosa vorresti rispondere quando qualcuno ti chiede di lavorare gratis in cambio di visibilità, formula molto praticata dalle nostri parti quando si lavora come free lance?
Vorrei rispondere che ho provato a proporre la stessa cosa a chi mi chiedeva di pagare l’affitto di casa ma stranamente non ne ha colto i vantaggi.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Ecco qui, c’è un po’ di disordine ma sto ancora cercando di organizzare al meglio lo spazio (lavoro da casa da Novembre).
Che rapporto hai con lo spazio e col tempo? Riesci a gestirli o sei un totale disastro come me?
Purtroppo tendo ad essere un disastro, soprattutto con la gestione del tempo libero. Finché ci sono scadenze da rispettare e tempi stretti riesco a non perdermi e ad avere pieno controllo. Appena ho un po’ di libertà, invece, la mia testa tra le nuvole smette di collaborare e così perdo velocemente la percezione del tempo che passa e degli spazi che mi circondano.
A chi pensi quando illustri?
Non penso quasi mai a qualcuno in particolare. Mi concentro di più sulle sensazioni che vorrei trasmettere e sui personaggi che sto per disegnare, al carattere che avranno, a come saranno percepiti da chi li osserva.
Sognare è gratis, ma realizzare un sogno quanto costa?
Secondo me costa tutto l’impegno (sia nel capirsi che nel migliorare il proprio lavoro), tutte le ore di sonno perse, tutta la fiducia, in se stessi e nel prossimo, la pazienza e la voglia di mettersi in gioco di cui si è capaci. La soddisfazione che però si prova avvicinandosi anche solo minimamente ad un traguardo è davvero impagabile e merita tutta la fatica fatta.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?
Shake it, shake it!