Intervistare Flume è stata un’esperienza delirante. Non perché sia stato difficile raggiungere il giovane artista australiano, per altro garbato come pochi, ma perché giusto prima della nostra chiacchierata il mio stomaco è agitato da mostruose allucinazioni da intossicazione alimentare. Dopo i rimedi della nonna suggeriti dal capo (”ingozzati di acqua&limone, non la lemon Irene, mi raccomando, LIMONE + crackers”), pigio il bottone Chiama su Skype. ”Se sbocco ora è la fine”, penso tra me e me. Ultime parole famose di lì al bagno.
”Hi Irene, can you hear me?” – Sa il mio nome, bella. ”Ciao Harvey, come stai? Dove ti trovi al momento?”. ”Sono a Sydney, si sta molto bene oggi, sto mangiando! Non sono le otto da te?”. ”Ehm, no, Harvey, qui è mezzogiorno”. Del resto, il concetto di fusorario è soggettivo. Rompo subito il ghiaccio chiedendogli se c’è qualche argomento in particolare con cui vorrebbe iniziare la nostra chiacchierata, ma mi dice educatamente ”quello che preferisci tu”. Questo me lo cresco, è il mio primo pensiero. ”Ok, iniziamo parlando del tuo album, allora! In verità qui da DLSO ti abbiamo scoperto a settembre grazie al remix di Sleepless che ha realizzato Shlohmo, vuoi raccontarci com’è andata?” ”Io amo da morire Shlohmo, è uno dei miei artisti preferiti, e siamo stati molto fortunati che abbia scelto di remixare la mia traccia. Tramite la mia etichetta, la Future Classic, l’abbiamo contattato ed è nato quel capolavoro”. ”Da settembre ad adesso sono passati solo pochi mesi, ma il successo che hai raggiunto è planetario. Quali sono i primi ricordi di questa ascesa?”. Mentre lo dico penso a quanto siano logoranti le logiche del successo oggi, otto mesi appena per passare dalla tua cameretta al SXSW Festival di Austin, e tra altri otto mesi chissà, boh. ”I miei primi ricordi li lego a quando mi esibivo nei club e c’era un solo fan ad ascoltarmi. Poi da uno sono diventati un centinaio, in posti piccolissimi, e da lì ancora sono cresciuti sempre di più. È stato come un percorso e quando ho cominciato a realizzare che la gente era lì per me è stata la più bella sensazione mai provata!”.
“Quando hai iniziato a produrre il tuo album di debutto? Quali sono state le tappe dietro di esso?”. “Ci ho messo un anno per realizzare l’album, durante il quale ho raccolto tutti i materiali e le idee che mi trovavo sotto mano. Dopo di ché la Future Classic ha visto in me del potenziale, è saltata a bordo, e ho avuto la possibilità di sperimentare di più, concentrandomi su quella che io chiamo la “Flume Thing”. “Che cos’è la Flume Thing? Come la definiresti?”. “È elettronica sperimentale mista ad hip hop, soul e motivetti accattivanti”. Di Harvey non riesci a percepire l’età mentre parla, anche se sai benissimo che ha appena 21 anni. Da un lato sembra un navigato musicista che ha già condiviso i backstage con gente del calibro di Boys Noize, Shlohmo, Skrillex; dall’altro, quando gli chiedo quali siano i suoi benchmark musicali, i suoi punti di riferimento, mi risponde: ”Moby, J Dilla, Rustie, Kavinsky, Justice, ascolto moltissima French Electro, e poi la più classica House Music“, e allora realizzo che la sua adolescenza non è stata molto distante dalla mia che sono di poco più grande. Siamo tutti figli di internet, penso, e della distribuzione digitale della cultura. Australia e Italia non sono poi così lontane, quando condividi gli stessi interessi. ”Nessun riferimento che va più indietro nel tempo, che so, ai padri dell’elettronica tipo i Kraftwerk?”. ”No, niente del genere, sono completamente fissato con la musica strettamente contemporanea.”
Harley ha partecipato da poco al SXSW ad Austin e, avendo fatto un golosissimo giro sul suo tumblr in cui ha testimoniato giorno dopo giorno l’intera esperienza portando i tassi d’invidia al livello non-misurabile, mi aggancio all’argomento: ”Sei stato da poco negli Stati Uniti e hai avuto modo di venire in contatto con un sacco di artisti super hype, come i Flosstradamus, ma anche gente come Skrillex. Con quale di questi hai trovato maggior feeling?”. ”Sono tutti artisti molto differenti, ma mi sono trovato benissimo con Shlohmo (se non si fosse capito è il mio mito :D) e Boys Noize, che ho avuto per anni come sfondo del mio desktop ed è stato un enorme piacere incontrare!”.
Tornando invece in territorio australiano, gli domando cosa ci sia nell’aria in questo periodo nella terra dei canguri. ”Ta-Ku, Chet Faker, te…c’è un sacco di movimento musicale in Australia ultimamente. C’è un fil rouge tra di voi, a tuo avviso?”. ”Credo che il punto comune sia il periodo in cui siamo emersi, avere forte passione per la nostra musica e al contempo per quella degli altri; siamo tutti amici e ci supportiamo a vicenda, possiamo contare l’uno sull’altro”.
”Da poco sono disponibili anche i vinili del tuo debut album. Cosa hai provato nel maneggiarne uno, il tuo, tu che sei figlio di Internet?”. ”Ci tengo a sottolineare una cosa: non compro mai musica online, preferisco da sempre i vinili. Li ho sempre comprati, perché per me rappresentano un oggetto di valore fisico, sono come un’opera d’arte, puoi guardarli e toccarli, e soprattutto non rischi mai di perderli come avviene con la musica digitale; non dimentichi mai un disco se l’hai comprato con dei soldi e ce l’hai lì davanti a te”.
Mi dirigo verso l’ultima domanda, anche se parlare con Flume si sta rivelando un momento molto piacevole più che un’intervista formale, e se non fosse che mi sta cenando in un orecchio starei a parlarci per ore. ”Ok, Flume, ti passo alla spicciolata le mie ultime curiosità. Parlaci del tuo side project, What So Not. È nato prima o dopo Flume?”. ”Flume è sempre esistito, ma non con questo nome. What So Not è nato nel 2011, come divertimento, per suonare nei locali, piccoli club gestiti da amici. Passiamo techno, house, cose pese insomma! Mentre Flume è molto più melodico ed etereo, dunque ho sempre cercato di tenere le due cose separate”. ”Stai preparando un tour europeo? Qui in Italia siamo impazienti di vederti!”. “Oh sì, passo in Europa a Luglio!”.
Harley ci saluta consigliandoci un brano: ”Vorrei consigliarvi Skin di Grimes remixata da Four Tet”. Dopo averlo preso in giro per la sua scelta: “Non ce ne hai uno un po’ più recente?”, fa un giro sul suo iTunes ridendosela: ”Aahahaha, ok. Allora vi suggerisco Hermitude – Get In My Life”. Ciao Harley, cento di questi anni se continui su questa strada.