Emiliano Ponzi ha fatto almeno due delle cose sopra elencate (indovinate quali) e ha realizzato i disegni che accompagnano l’ultimo album di Valerio Millefoglie, di cui abbiamo già parlato i primi di dicembre.
Il suo stile è fatto di tratti semplici, di colori un pò appannati ma vitali e di un concettualismo post-moderno che non potrebbe essere colto senza conoscere i numerosi riferimenti sociali e culturali che Emiliano ri-contestualizza.
È uno dei pochi illustratori italiani apprezzati in tutto il mondo, ha lavorato per Feltrinelli, Rolling Stone, Le Monde e The New York Times fra gli altri. A novembre è uscito per Corraini Editore la raccolta dei suoi ultimi dieci anni di lavoro dal titolo 10×10 e ha portato a casa due medaglie d’oro conferitegli dalla Società degli Illustratori di New York per le opere Evil Apple Core e We are captive.
In verità non l’abbiamo intervistato per nessuna di queste ragioni, ma perché era tra i dieci uomini da tenere d’occhio nel 2012 seconodo Elle. Ecco, ora so quando è tempo di intervistare un artista.
1) Ciao Emiliano, presentati ai nostri lettori.
Ciao, sono Emiliano Ponzi, ho 33 anni…
2) Raccontaci come hai cominciato la tua attività di illustratore, trovo gli inizi di ogni cosa estremamente affascinanti.
Concordo, gli inizi sono la parte più interessante delle storie soprattutto per lo scrittore che, poggiata la penna sul foglio, ha già in mente il finale.Diversamente, Io non avevo in mente il finale e nemmeno il percorso. Dopo il liceo classico non mi iscrissi all’università “tradizionale” ma, quasi come ripiego, mi trasferoi a Milano per frequentare lo IED senza aver mai colorato un disegno. Era tutto nuovo. Una delle prime cose capite è che saper disegnare non equivale a saper comunicare.
3) Come funziona il mondo dell’arte grafica ? è tutta una questione di contatti, di fortuna o di tendenza nel gusto e nei contenuti a fare di un illustratore un riconosciuto artista ?
Probabilmente tutte le cose assieme ma anche la consapevolezza di cosa si vuole essere:
I contatti aiutano ma solo se si ha qualcosa da dire. Se è vero che l’artista di talento può vivere nell’anonimato se non esce dalla propria stanza è altrettanto vero che chi è totalmente privo di talento può fare solo una breve parte del percorso grazie alle “amicizie”.
Fortuna è nascere in un lussuoso appartamento della Park ave a Manhattan piuttosto che in un villaggio rurale dell’india meridionale, avere genitori capaci di stimolare le inclinazioni naturali piuttosto che frustrarle…credo sia qualcosa che non dipende tanto dai nostri sforzi ma dall’ambiente in cui siamo cresciuti.
Le tendenze sono sempre cattive consigliere perchè bruciano in fretta e non danno nessuna garanzia di carriere durature. I contenuti sono la base di tutto, il “core” da cui è possibile sviluppare un linguaggio che abbia senso prima per noi stessi e poi per un possibile audience.
4) Che opinione hai della scena milanese? La trovi impolverata o stimolante?
Abito a Milano dal 97 ma questa domanda mi coglie piuttosto impreparato, questa professione non ha una vera e propria scena perchè comunica-almeno è auspicabile che sia così-in maniera trasversale, non è necessario avere un background simile per poter fruire di un’immagine o perché arrivi mentre spesso lo è per capire i testi di una canzone, fosse anche solo banalmente la lingua. Il criterio di universalità è forse l’obiettivo più alto del mio lavoro, essere fuori da un contesto con margini territoriali netti, essere fruibile da chi parla lingue diverse e viene da luoghi distanti tra loro.
A Milano ci sono molti bravi professionisti nel mio campo perchè la città rappresenta un vettore di apertura all’esterno e all’estero, perchè ci sono buone scuole di formazione e, in qualche modo, perchè Milano è si pone come realtà metropolitana in senso cosmopolita.
5) La collaborazione con Valerio Millefoglie trovo sia uno splendido esempio di arti differenti che si congiungono e si supportano a vicenda e la chiacchieratissima Evil Apple Core è oggettivamente un’opera geniale. Come ti è venuta l’idea ?
Valerio è un’anima affine perché guarda dietro il significato esplicito delle parole, le ruota, le specchia e diventa cantastorie di favole visionarie. La parte più interessante del mio lavoro avviene prima che la matita tocchi il foglio, nel momento in cui concetti di ambiti diversi trovano una qualche forma di intesa in un’immagine mentale. Così è successo per Evil Apple Core. Qui il “gioco ” è riuscito molto bene anche perchè il testo a cui si riferisce il disegno era già stato predigerito da Valerio che, allo stesso mio modo, avvicina parole agli antipodi: il titolo della canzone è “torsolo di mela” e in una strofa viene citato Hitler. Immediatamente ho immaginato i baffetti neri che sono il suo stereotipo visivo più noto e poi ho pensato ai semi neri del torsolo…
6) Come immagini il viaggio che compirai verso New York per ritirare le due medaglie d’oro ricevute dalla Società degli Illustratori lo scorso novembre? Sarà un posto pieno di cravatte imbalsamate o di camicie a quadri e tatuaggi retrò ?
Questa è la terza volta che vado a NY a ritiare un premio ma quest’occasione è sicuramente la più intensa perché le medaglie d’oro saranno 2: un tv spot animato realizzato per Amnesty International e il già citato Evil Apple Core.
Sicuramente camicie a quadri e tatuaggi retrò, il mondo della creatività, e soprattutto quella newyorkese è il trionfo dell’hipster e non nascondo che anch’io ho diverse camicie a quadri e più di un paio di occhiali spessi. Ma..per molti dei presenti il mood è comunque il pierring dunque l’attitude sarà simile ad un convegno di managers con businesscard sempre pronte. D’altronde questi sono luoghi di aggregazione straordinari, occasioni per conoscere persone con cui si hanno frequenti scambi di emails o per salutare amici provenienti da tutte le parti del mondo.
Nota particolare, ho avuto il nulla osta per portare Valerio ad esibirsi durante il party, dunque sarà celebrazione di talenti nostrani a NY.
7) Che rapporto cerchi di instaurare tra il tuo lavoro e i social network alla luce della loro capacità di divulgazione?
Per mia natura sarei portato a pensare che tutto finisca con la consegna di un lavoro ad un cliente soddisfatto, lo visualizzo con il tasto “send ” di Mail ma…così non è.
Indirettamente ne parlo anche nel mio libro “10×10” uscito da poco per l’editore Corraini: la necessità di uscire dalla stanza, dallo studio, dall’introspezione per condividere il prodotto della propria mente con altri e aspettare… La divulgazione sui social network è molto importante così come anche la costanza nel farlo, talvolta mi pesa ma credo sia un veicolo necessario a “mandare in giro” le immagini e vedere quanto lontane riescona ad arrivare. D’altro canto come ogni strumento ha i propri limiti che stanno al nostro libero arbitrio, bisogna scegliere cosa valga la pena mostrare, non tutto ha lo stesso valore soprattutto dalla parte di chi guarda. L’eccesso di post crea l’effetto opposto e contrario, una totale disperisione della propria presenza sul web.
8) Abbiamo finito, saluta i nostri lettori nella lingua che preferisci e consigliaci un brano.
“You can’t always get what you want” dei Rolling Stones.
A presto.
altre info:
http://www.emilianoponzi.com/