Vi è mai capitato di essere colpiti da un colpo di fulmine lento? Tipo la classica roba da film: prima uno schiaffo, poi un bacio, un abbraccio.
Tancred è Jess Abbot e questo è il suo secondo disco solista. Non avevo mai sentito Jess prima di questo disco, ma non importa perché appena partita l’opener vengo subito sballottato dal riff da delle chitarre acustiche, che non è il classico “riff da chitarra acustica”. C’è qualcosa di dissonante, anche nel modo in cui Jess intreccia la sua voce con le note. Poi, dopo un piccolo crescendo, il pezzo diventa incredibilmente catchy, proprio di qui pezzi che fai tap tap col piede e su e giù con la testa. Insomma, quello di cui ci si rende conto sin dall’inizio è che non si tratta di un disco punk divertente da ballare e basta, l’abbraccio di cui parlavo all’inizio è caratterizzato dalla forte natura personale del lavoro di Jess. C’è molto di cantautorale in questo self-titled, a partire dal fatto che il disco si chiama appunto Tancred, fino al fatto che Jess stessa è il soggetto della copertina. Quello che con tutti i buoni pregiudizi doveva essere semplicemente un altro buon disco emo degno dell’attenzione di Topshelf Records, si rivela qualcosa di molto più particolare, eclettico e profondo. La voce di Jess sa essere molto delicata, tipo in Radio, un pezzo acustico che sembra uscito da un b-side dei primi Foo Fighters, ma nei pezzi più emo punk come Indiana o Thicker Than Blood il cantato di Jess si fa più diretto e tormentato, fino ad arrivare a The Worst Kind dove sembra di ascoltare una cover indie di Stay di Rihanna, per dire, ribadendoci la versatilità e l’eterogeneità dei pezzi presenti nell’album.
Tancred è un disco incredibilmente valido sotto molti punti di vista, ma è soprattutto una ragazza di nome Jess che, con la sua voce, prima vi colpisce e poi vi strega.