A cinque anni dall´uscita del suo esuberante esordio “A Raver´s Diary”, Dusty Kid, all´anagrafe Paolo Lodde, sorprende per coerenza di stile e maturità con questo suo terzo album, “III” appunto, uscito da alcuni giorni per Isola/Kompakt. Il disco è da ascoltare possibilmente senza interruzioni lungo le sue due ore di durata per apprezzarne lo svolgimento. Possibilmente di notte, per assecondarne l´umore, riflessivo, scuro. Se amate la techno ipnotica, senza compromessi e concessioni alle melodie facili ed ai colpi di scena ad effetto, immergetevi al suo interno, non vorrete più uscirne fuori. E tale è la curiosità che ha suscitato in noi questo doppio CD che abbiamo voluto porre qualche domanda a Paolo, un produttore che nonostante la sua vocazione da “cittadino del mondo” consideriamo ancora patrimonio nazionale. Ecco a voi la chiacchierata:
Mi ricordo di aver letto ai tempi dell´uscita del tuo primo album “A Raver´s Diary” che tra le tue passioni musicali c´erano J.J. Cale e Bruce Springsteen. In effetti in quel disco si potevano sentire influenze di musica acustica, o forse era più una conseguenza dei tuoi studi classici?
No no. J.J. Cale. Springsteen, il folk, la psichedelia e la cultura beat anni 60′ sono sempre stati una scelta non casuale visto che i miei erano molto avvezzi a quel genere di cose oltre alla classica, e potresti non sentirne tanto l’influenza nell’ultimo album ma c’è eccome, solo un po’ meno plateale rispetto ai precedenti due.
Il “Raver” del titolo di quel disco eri tu? Ti sentivi o ti senti rappresentato da quel termine. Oppure sei uno di quei produttori a cui non piace ballare?
Né l ‘uno né l ‘altro in realtà. Quel disco voleva essere un piccolo vademecum del mio raver ideale, quello con cui avrei voluto condividere tutti quei momenti, dallo sballo della festa al rientro in macchina al tramonto del giorno dopo. Forse un mio alter ego, non so!
Mi piacerebbe sapere più in particolare quali sono le cose che ti hanno entusiasmato di più durante la tua formazione musicale. Dischi, eventi, artisti?
Son cresciuto con musica classica e gli altri generi che i miei ascoltavano, e l’unico che non mi ha mai rapito è stato il jazz. I dischi che sicuramente hanno creato in me un vero shock sin dal primo ascolto sono stati pochi. “Kid A” dei Radiohead, “MCMXC a.D.” di Enigma, “It’ll End In Tears” dei This Mortal Coil e pochi altri. Poi ho perso forse un po’ l’entusiasmo, e probabilmente anche la creatività del panorama degli ultimi venti anni non mi ha dato la stessa scossa, ma ho comunque imparato ad apprezzare cose che prima non riuscivo a comprendere appieno. Per esempio il jazz non è mai stato tra le mie corde appunto, ma un po’ con gli sforzi di mia madre un po’ con i miei ora riesco quantomeno a capirlo ed apprezzarlo.
Come è stato il tuo percorso musicale dal tuo album di debutto passando per “Beyond The Hill” al tuo nuovo album “III”, soprattutto in relazione al fatto che, come mi pare di aver capito, da qualche tempo vivi stabilmente in Germania?
Non ho mai vissuto in Germania né mai ci vivrei! Adoro i tedeschi perché in generale sono più onesti e stacanovisti degli italiani, ma non potrei mai vivere in un paese dove per 300 giorni all’ anno piove e fa freddo. Anzi, più passano gli anni, più giro il mondo, e più mi rendo conto di come non ci sia un altro posto in grado di darmi sempre i brividi di gioia come Cagliari e la Sardegna.
Ti ho posto questa domanda perché in “III” mi sembra si noti l´influenza del suono tedesco, nel modo in cui tu ti sei concentrato principalmente su un suono tipicamente techno abbastanza rigoroso ed intenso.
Berlino sicuramente ha influenzato positivamente il disco, anche perché negli ultimi anni sono aumentate le mie amicizie lì e di conseguenza le visite alla città, ma direi che in generale più che un sound tedesco l’ispirazione é semplicemente più mitteleuropea, con i suoi toni più freddi e calcolati, e con sentimenti meno spiattellati in faccia del solito, e senza dubbio meno romantica. D´ altronde due dischi così li avevo già fatti per cui era venuto il momento di dargli un sapore diverso
Ci racconti in quali circostanze hai composto e prodotto il disco?
L’idea del disco è partita dalla mia esperienza in totale sobrietà in un famoso club di Berlino. Di solito ero sempre a mente un po alterata quando finivo lì, ma una volta ci sono andato completamente sobrio ed è stata assolutamente la volta più intensa, strana e coinvolgente, così mi sono immaginato una sorta di storia da raccontare che mi ricordava un po le ambientazioni di un videogioco anni 90. Da li ho costruito tutto intorno un esperienza immaginando tutta una serie di livelli corrispondenti a quelli del gioco, e con i suoi vari personaggi etc. è diventata un esperienza di due ore. Ho sempre avuto il desiderio di scrivere una colonna sonora ed in questo caso è stato anche più divertente poiché il film lo stavo “girando” io stesso.
Promuoverai il disco con esibizioni dal vivo? Ti sentiremo anche in giro per l´Italia?
Mi piacerebbe tanto suonare in Italia anche perché è una terra decisamente più facile da raggiungere rispetto all’estero per noi isolani, ma non c’è mai stato un grande interesse per la mia musica purtroppo, speriamo in un futuro di poterla girare di più!