Roberta Errani è un’illustratrice fuori dai solo circuiti, vive in Emilia Romagna e non ama le città rumorose. Il suo stile, come ci racconta lei stessa, non rientra in una definizione precisa e ama molto mixare tecniche e materiali diversi a seconda dell’emozione che le scorre in corpo. È stata l’unica artista che ha voluto chiudere l’intervista con una domanda a me, e quello che ho scoperto rileggendo le sue risposte è che ha sensibilità da vendere.
Ti senti più un’illustratrice o un’assemblatrice di materie diverse?
Mi piace assemblatrice di materie diverse, non amo molto le etichette.
Hai studiato ceramica e illustrazione. Esattamente di cosa ti occupavi sui banchi dell’università?
Ho iniziato alle superiori con la ceramica, mi sono diplomata ed ho seguito un corso di grafica. Successivamente ho proseguito studiando storia del costume ed ho frequentato un corso di illustrazione e fumetto.
Come mai non ti sei ancora trasferita a Milano come la maggior parte dei tuoi colleghi?
Ho lavorato a Firenze per qualche anno, poi sono tornata in Romagna (che tra l’altro con Milano potrebbe gareggiare in fatto di nebbia). Il punto è che non vado forte né con le pubbliche relazioni né con la lunga permanenza nel caos delle grandi città. Finisco col perdermi sfiorando l’inconcludenza. Ma mai dire mai.
Che colore avrà il 2014?
Se l’anno scorso ho preferito i contrasti forti, dal bianco ai colori fluorescenti, quest’anno opto per i colori pastello. Un cono gelato fragola-vaniglia-pistacchio andrebbe benissimo.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Illustrare senza avere clienti illustri vuol dire che la tua passione non è ancora diventata il tuo lavoro?
Sì e no. La mia prima forma di sostentamento per ora rimane la grafica, spesso però riesco a fare interagire le due cose.
L’anno scorso in ambito illustrativo ho fatto una pubblicazione “importante”, l’oroscopo 2014 per il Bild, con una tiratura che mi ha fatto tremare le ginocchia. Ora collaboro con Rifrazioni, una rivista digitale di cultura cinematografica. Il primo numero su cui ho lavorato era di 260 pagine, per ogni pagina un’illustrazione, un assemblaggio diverso, un lavoro per me titanico fatto in pochissimo tempo e che mi è servito tantissimo.
Inoltre penso che il fatto di non avere uno stile illustrativo ben definito un pò disorienti i committenti. Non tutti sono disposti ad azzardare, il più delle volte sono abituati a scegliere un illustratore secondo lo stile che lo contraddistingue (e questo inizialmente di per sè è in qualche modo sinonimo di garanzia).
Ma vivo con serenità la mia mancanza di uno stile univoco, a volte riesco anche a vederlo come un punto di forza.
Giochiamo al Fantacalcio con i disegnatori. Dicci almeno un paio di coppie lavorative che farebbero fuochi d’artificio.
La più strampalata, perchè entrambi non ci sono più, è Maria Prymachenko che illustra Cipì di Mario Lodi. Mi piacerebbe vedere Lora Lamm alle prese con una campagna pubblicitaria per American Apparel.
Il tuo oggetto del cuore.
Un bracciale d’argento che indosso dall’età di 15 anni, è l’unico gioiello che porto e che non ho mai tolto se non in aeroporto o durante le radiografie.
Non c’è un motivo particolare, ma lo porto sempre con me.
I tuoi viaggi mentali più frequenti.
Non parlo molto, ma sono una grande ascoltatrice e spesso mi trovo a fantasticare sulle storie che mi raccontano, che intrecciate alle mie si risolvono in un grande viaggio mentale che a volte continua anche di notte, nei sogni.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?
Roberta: Se non ti dispiace ti faccio qualche domanda anche io e naturalmente se ti va rispondimi. Come mi hai trovato? Su Passaporto ci sono un sacco di autori affermati e che hanno fatto pubblicazioni importanti, come mai hai scelto me?
Ti ho scoperto, cara Roberta, perdendomi nel web. Lo scopo di Passaporto è quello di incentivare e dare una vetrina ai giovani talenti italiani, noti e meno noti che siano. Nel tuo caso, poi, ho avuto un suggerimento da parte di una persona speciale.