Federico Babina è uno serio, per cui stavolta mettete da parte lo spirito goliardico con cui siete abituati a leggere Passaporto e indossate una camicia stirata. Negli ultimi mesi le sue illustrazioni sono balzate agli onori della cronaca perché coniugano architettura e disegno, grafica e invenzione. Noi l’abbiamo raggiunto per una chiacchiera scanzonata in cui si parla di palazzi sottomarini, Torre Velasca e meteore.
Qual è la città architettonicamente più armonica dell’età contemporanea?
Il mio modo di essere mi impedisce di trovare una città più armonica delle altre. Non mi piace fare classifiche. Tutte le città si muovono tra equilibri armonici e disarmonici. Mi piacciono le ombre di alcune città e apprezzo la luce di altre. Le città sono fatte di edifici, persone, odori, colori e suoni. Tutti questi elementi partecipano a comporne l’armonia e la melodia. Non posso e non voglio sceglierne una.
Tra quanti anni avremo i palazzi sott’acqua?
Esistono già strutture e architetture subacquee. Considero un sottomarino come un edificio sott’acqua. Il futuro prossimo ci sorprenderà con colonie su marte, sulla luna e nei fondali marini. Il problema di un palazzo sommerso sarà quello di non poter aprire la finestra per godersi il paesaggio.
La serie a cui sei più affezionato? A me piace moltissimo Archimachine.
La serie alla quale sono più affezionato è quella che ancora non esiste. Quella che compongo nella mia mente e che disegna la mia immaginazione. Le altre realizzate hanno ognuna un valore e un elemento che le rende speciali ai miei occhi. Ciascuna mi ricorda un momento e una sensazione vissuta. Per questa ragione cerco di concentrare il mio entusiasmo e la mia energia sulle immagini che ancora non hanno una forma.
Come mai hai scelto di assurgere a rappresentanza della tua Italia disegnata sotto forma di macchina proprio Torre Velasca?
In tutte le mie illustrazioni i temi scelti non rispondono necessariamente ai miei gusti personali. Nella serie Archimachine non tutti gli edifici sono i più rappresentativi o i più riconoscibili. Le scelte seguono le regole dettate dal tipo di concetto che si nasconde dietro l’illustrazione. In queste macchine “fantastastiche” sospese nel tempo e nello spazio mi interessavano edifici che riflettessero un aspetto di un meccanismo e di un igranaggio per il funzionamento del congegno. Ciascuno degli edifici ha comunque attraversato la mia vita in una forma o in un’altra. Alcune architetture presenti in Archimachine mi suscitano sensazioni negative, ma le città e i paesi sono fatte e si sostengono in un equilibrio instabile tra ciò che è buono e ciò che non lo è. Mi interessa mostrare questi contrasti.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Il tuo nome è apparso negli ultimi mesi quasi ovunque, dai blog di architettura specializzati, ai quotidiani come Il Post o La Stampa. Come ti spieghi tutto questo successo per le tue serie di illustrazioni?
La cosa è stata estremamente rapida. Questo è l’aspetto “positivonegativo” di internet. La visibilità da un giorno all’altro aumenta in modo esponenziale ma allo stesso tempo ti cancella rapidamente. Le cose nella “rete” passano come meteore, se sei fortunato e stai guardando il cielo in quel momento… La popolarità delle mie immagini credo sia dovuta in parte al leitmotiv dell’architettura. Cercare l’architettura dove non c’è, dove si nasconde o nei luoghi dove non te l’aspetti. Scoprire una forma differente per parlare e raccontare l’architettura. Questi elementi assieme alla semplicità grafica hanno suscitato un certo interesse. La trasversalità della grafica mi ha permesso di fare arrivare l’architettura in luoghi dove non se ne parla tanto, non solo nelle riviste specializzate.
L’arte contemporanea è fatta di pixel invece che di pennellate?
L’arte contemporanea è fatta di pixel, di pennellate, di cemento, di carta, di natura, di suoni e di qualsiasi altra forma che mi posso intrattenere a elencare. È il pregio e il difetto dell’arte contemporanea. Non si può racchiudere in un recinto finito di forme di comunicazione. L’arte contemporanea è tutto e può essere di tutto. Le nuove tecnologie hanno ampliato ulteriormente il campo delle possibili forme espressive. Tutti questi elementi rimangono solo degli strumenti per dare forma ad una idea. La cosa importante è l’idea.
Da dove nasce la tua sconfinata passione per il cinema?
I film hanno la capacità di trasportarci in vite e mondi differenti e farci vivere e respirare architetture reali o fantastiche. Le mie illustrazioni Archicine e Archiset rappresentano l’incontro tra spazialità del cinema e spazio architettonico. Scenografie costruite, realizzate e immaginate per raccontare storie e personaggi. Lo spazio architettonico nei film non è solo uno sfondo ma si trasforma come un protagonista aggiunto.
E l’idea di trovare un fil rouge con l’architettura?
Sono architetto e mi affascina l’idea di scoprire le infinite relazioni tra l’architettura e il mondo che mi circonda. Trasformare l’architettura in una illustrazione e un’illustrazione in una piccola architettura. La natura, l’arte, il cinema e la vita in generale sono impregnate di architettura. Cerco di trovare un punto di vista differente attraverso il quale osservare le cose che ci circondano.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?
Il basket è come una danza dove il parquet è il palco i giocatori sono i ballerini, gli allenatori sono i coreografi, solo mi avanzano gli arbitri…