Amore a prima vista, quello tra me e le illustrazioni di Emma Verdet. Inguaribile giramondo e romana d’adozione, lavora oggi in uno studio al Pigneto dove cura tanti progetti editoriali a cavallo tra innovazione e nostalgia. Io l’ho scoperta su Ultimo Uomo, tu scoprila su Passaporto.
Nelle prime due righe della tua bio, ci sono almeno 4 posti diversi in cui hai vissuto. Sembra l’inizio di una storia molto interessante da raccontare.
Sì infatti ne ho tratto una mini storia autobiografica a fumetto all’epoca in cui frequentavo lo Ied. Inizia la mattina del 11 settembre 2001, in aeroporto, il giorno in cui lasciai Parigi a 16 anni per andare a vivere in Galles. Ho un ricordo molto particolare di quel che poi fu il primo giorno del resto della mia vita. Quando sarò in grado, mi piacerebbe riprendere questi ricordi in modo più approfondito.
Lab.Aquattro, il collettivo di cui fai parte insieme ad altri illustratori usciti dal tuo corso di laurea allo IED di Roma, nasce solo nel 2013. Dove confluivano le vostre idee e i vostri sogni prima?
Non cambia molto rispetto a prima. L’unica differenza è che invece di stare ognuno a “casetta” ora abbiamo uno studio al Pigneto in cui possiamo lavorare a progetti comuni e vendere le nostre autoproduzioni.
Ma le fanzine esisteranno sempre secondo te, anche quando saremo nell’epoca di Intestellar?
Non saprei… Non credo si possa abbandonare il piacere e la passione di creare un oggetto con le proprie mani. Io ormai lavoro prevalentemente con il computer e la tavoletta grafica ma ogni tanto mi sento soffocata dalla voglia di prendere taglierino, carta, cartone e mettermi all’opera. Mi piace toccare materiali diversi.
Spero che anche in futuro si stamperanno le illustrazioni su carta.
L’antidoto alla demoralizzazione. Ammesso che tu ti senta demoralizzata, ogni tanto.
Viaggiare. Anche solo una fuga mezz’ora fuori dalla città e mi riprendo subito! E se non ho una lira allora almeno una bella passeggiata. E se piove allora qualche episodio di It’s Always Sunny in Philadelphia ed è fatta!
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Illustri spesso per Ultimo Uomo. Sei un’appassionata di sport o ti sei adeguata al committente?
Appassionata di sport, non direi. In realtà Daniele Manusia, il vice direttore di UU, è il mio compagno e la prima illustrazione che ho realizzato per loro è stata per un pezzo su una serie tv.
Il calcio è un mondo che capisco a mala pena ma provo a mettere sempre un po’ di mio in ogni illustrazione. E poi mi piace conoscere cose nuove. In questo periodo sto illustrando una rubrica su dei calciatori di cui non ho mai nemmeno sentito il nome.
Una storia legata ad un’illustrazione che ricordi col sorriso.
Una copertina di Tomine per il NewYorker di cui ho l’impressione di essere protagonista. Una ragazza seduta in metro a leggere un libro intravede nel vagone accanto un ragazzo che legge il suo stesso libro.
Mi ritrovo spesso nelle illustrazioni di Tomine, mi strappano sempre quel sorriso che vuol dire “esatto, è proprio così!”
Incontri spesso persone con la tua passione o ti senti più un ago in un pagliaio?
Direi che sono praticamente circondata non solo da illustratori/fumettisti ma anche e sopratutto da appassionati del genere. Gente che magarì non li crea ma li capisce o li colleziona.
Per Tapirulan hai disegnato la tua personale interpretazione dell’Eden contenente Adamo, Eva e una serie di figure non meglio definite sia buone che cattive. Chi sono e da dove le hai riesumate?
Sono le creature che popolano l’Eden. I miei mostriciattoli li avevo pensatI apposta per Tapirulan ma poi, senza Eva e Adamo, sono finiti su delle tovagliette che ho fatto a mano. Perché, per tornare al discorso di prima, non mi accontentavo di guardarli dietro a uno schermo, ci dovevo per forza fare qualcosa! Non mi piace solo la carta, ma anche fare delle mie illustrazioni degli oggetti di uso comune.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?