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Imparare a conoscere un’artista significa anche, se non soprattutto, chiedersi chi è. Interrogarsi su cosa possa averla spinta a intraprendere questa, meravigliosa quanto inquieta, strada piuttosto che diventare una dottoressa. Studiarne il suono serve, necessariamente, ma potrebbe non bastare.
La prima volta che mi sono imbattuto in TĀLĀ, scrivendone, risale a circa un anno e mezzo fa. Aveva appena rilasciato il suo primo EP, The Duchess, di cui TĀLĀ parla spesso come di una rivelazione. Il suo nome affascinante, la sua pelle bronzea non potevano essere sottoprodotti inglesi, o almeno non completamente.
Ed è infatti facile scoprire le sue origini orientali e lasciarsi trasportare – col rischio di esagerare – in un immaginario esotico, di cui tuttavia fa parte in maniera originale. Lei è nata a Londra, e della cultura londinese si è nutrita, passando per la BRIT Academy, e per mille viaggi, quelli si in posti ritenuti esotici, che hanno formato la sua musica forse molto più delle origini iraniane del padre.
Conoscerla è importante per non lasciarsi ingannare dalle apparenze, e per permettere alla sua viscerale musica di entrarti dentro.
Un anno dopo quella prima volta, l’abbiamo raggiunta per uno scambio di email che parte dall’inizio della sua vita.
Mi piacerebbe cominciare dalla tua infanzia. Nonostante tu sia cresciuta a Londra, ho letto in una intervista che sei venuta su ascoltando un mix tra la musica pop e quella tradizionale del paese di tuo padre, l’Iran. Qual è stato il punto di partenza della tua musica?
Non so se si possa veramente definire un punto di partenza ma, l’esser cresciuta in una ambiente così multiculturale o comunque non tipicamente inglese, credo abbia sicuramente avuto una grossa influenza sulla mia musica e sui miei gusti musicali. Sono dell’opinione che quello che assorbiamo da bambini diventi parte fondamentale del nostro subconscio creativo.
Quando hai iniziato a realizzare che la musica potesse davvero diventare qualcosa più che un semplice hobby?
Nel momento in cui ho rilasciato il mio primo EP, The Duchess, ero totalmente estasiata all’idea che tutti lo stessero ascoltando. Credo sia stato quello, quella sensazione, ad avermi fatto capire che la musica stava diventando qualcosa di più serio.
Cosa ne pensa la tua famiglia? Ti supportano?
I miei genitori mi hanno sempre supportato, sono sempre stati molto positivi e mi hanno incoraggiato ad essere creativa. Sono stati fondamentali per me, soprattutto nel momento in cui sembrava che nessuno credesse in me o che a nessuno importasse nulla di quello che stessi facendo.
Tra tutte le città europee, poche sono cosmopolite e così ricche di diverse culture come Londra. Quanto ha influito sulla tua musica questa peculiare caratteristica della città?
Londra è una città veramente diversa, il suo incredibile melting pot culturale gioca un grande ruolo nella musica e nella creazione di sottogeneri che nascono qui. È un posto fantastico per vivere, ma soprattuto per creare.
Abbiamo (a Londra, ndr) una così grande scena underground, credo che il fatto di provenire da quel mondo, l’esserne stata parte, l’esposizione a tutta questa musica interessante m’abbia formato come artista.
Tu sei una che ha viaggiato molto, e la tua musica ne è stata direttamente influenzata. Escluso l’ambito musicale, qual è la cosa più importante che hai imparato dai tuoi viaggi?
Viaggiare molto stanca, ti fa sentire di merda, di toglie (la maggior parte delle volte) tanti dei comfort a cui sei abituata. Metà delle volte non saprai cosa mangerai e capita anche di mettere a repentaglio la tua stessa vita. È una cosa che ti testa molto, e grazie alla quale riesci ad imparare chi sei. Finisci con il non preoccuparti più di circa metà delle cose mondane a cui prima tenevi, e con le quali sprecavi tanto tempo. Viaggiare ti rende impavido e sicuramente una persona migliore.
Qual è la cosa più strana che ti sia capitata di vedere durante i tuoi viaggi? E la più entusiasmante?
Hmm, vedere delle capre arrampicate sugli alberi, in Marocco, è stato sicuramente molto strano (ride). La più incredibile invece è stata essere capitata, con Katia (che ha registrato e diretto il mio video per Serbia), in alcuni riad di ragazzi marocchini filmando di nascosto, con la fidanzata di uno di questi ragazzi che parlava a Katia in maniera molto aggressiva, tenendo in mano un coltello. In quel momento eravamo entrambe completamente stonate e molto paranoiche, i ho cominciato ad immaginare una fuga dal tetto, mentre cominciava a farsi strada in noi l’idea che saremmo finite rapite.
A cosa pensi, principalmente, quando sei nel tuo studio a registrare?
Veramente non saprei…entro e mi immergo nella musica.
Senti una qualche sorta di pressione dopo il successo di The Duchess?
Per me la release di Duchess è semplicemente avvenuta al momento giusto, e ogni traccia che ho rilasciato dopo ha rappresentato una evoluzione del mio suono. Quindi direi di no, non ho mai avvertito nessun tipo di pressione.
Credo che il mix “24 Carat” sia una buona fotografia delle tue influenze musicali. Come sei entrata in contatto con tutti quei – molto – diversi generi musicali?
I miei mix sono di solito un riflesso di ciò che mi passa per la testa. Li interpreto come una collezione di musica nuova e vecchia che sento mia in quel momento.
Ricordo che, la prima volta che entrai in contatto con la tua musica, rimasi totalmente affascinato dal tuo logo. Qual è (se c’è) la storia della sua creazione?
Ho incontrato Kare Moross ed ho avuto come l’impressione che lei capisse veramente cosa stavo cercando. Volevo qualcosa che esprimesse contrasto, qualcosa di non veramente reale, antico, ma moderno. Una giustapposizione. Lo stamp era perfetto.
I video sono sicuramente una buona parte della tua musica, e la rispecchiano parecchio. Quando (e perché) hai deciso di connetterli alla tua arte?
I visual sono importanti tanto quanto lo è la musica. Quando io e Katia abbiamo girato Serbia avevamo circa 500£ di budget per il video. Avevamo due scelte: o andare sul sicuro e fare qualcosa di tranquillo, normale, oppure prenderci un grosso rischio, comprare due biglietti aerei e riprendere la nostra avventura ed esperienza. Volevo fare un video, ma non avevo assolutamente idee di come farlo, quando ho incontrato Katia mi sono fidata del mio istinto e ho subito saputo che sei sapesse cosa volevo fare.
Hai rilasciato due EP, qualche mixtape e quella meravigliosa collaborazione con HTDW. Quindi adesso arriva l’album?
Si, assolutamente! Ci sto lavorando.
A proposito della tua prossima partecipazione al C2C di Torino: cosa conosci dell’Italia?
Non conosco molto e non ci sono mai stata, tuttavia è da tanto che aspetto d’andarci, quindi sono molto eccitata all’idea di suonare al C2C. Sono inoltre ossessionata dal buon cibo (ride) quindi mi piacerebbe provare il vostro e magari estendere la durata della mia permanenza in Italia!
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