Anconetano di nascita, ma perugino di adozione, Furtherset (al secolo Tommaso Pandolfi) non è di certo un nome nuovo per i conoscitori della scena elettronica nostrana, e del suo talento se ne è già parlato in lungo e in largo. Ora non più teenager, owner di un’etichetta e con due album alle spalle, Tommaso ha preservato tuttavia la nomea – di cui peraltro nutre una particolare idiosincrasia – di enfant prodige, vista la precocità con la quale ha raggiunto alcune tappe nel corso della sua carriera artistica, come l’esibizione a sedici anni al Club To Club. Precocità che non ha minato il suo percorso di maturazione, segnato sempre da una forte personalità, ricettiva nei confronti degli stimoli della contemporaneità nonostante il contesto provinciale in cui è calato. Una sensibilità in grado, non solo di assimilare, ma anche di elaborare questi output, portandolo ad essere (insieme a Lamusa) il nome italiano di quel contenitore di seminari, workshop ed esibizioni dal vivo che prende il nome di Red Bull Music Academy, prestigiosa università per producer elettronici in programma quest’anno a Parigi. Ma non solo, Tommaso è da pochi giorni il nuovo nome del roster The Italian New Wave, la creatura nata in seno a Club To Club finalizzata alla promozione della nuova creatività italiana, e reduce dalla pubblicazione di No Logic No Death, terzo album e riscontro di questa sua apertura.
No Logic No Death è un lavoro studiato, che risente anche della continua interazione tra Tommaso e i suoi mentori (tra i quali annoveriamo Bienoise), ma non scevro di elementi istintivi e di nuove personali indagini espressive, che vedono texture più abrasive e maggiori aperture al songwriting rispetto al passato. I riferimenti più plateali sono Fennesz, di cui eredita la chitarra trattata dell’epoca post-glitch e di cui è paradigma la conclusiva No Answers, nonché l’episodio più soleggiato del lotto; e Katie Gately, nota manipolatrice della voce, fonte di uno studio mai così attento sulla cosiddetta body music, fatto di rifrazioni e loop vocali. L’impulsività è invece propria dei testi che, con con carattere diaristico e ridondante, fanno da cartina tornasole degli umori dell’autore. Un’attenzione alla voce che va ad arricchire arpeggi cosmici, a metà tra i carillon Lopatin-iani e l’IDM suonato dalla stratosfera del connazionale Vaghe Stelle (Heart e Secret per citare dei passaggi), in un’esplorazione introspettiva che, pur mantenendo costante la coltre lo-fi e un certo spleen, passa da episodi più fumosi e spettrali, riconducibili per suggestione ai soundscape del biellese Morkebla, ad altri più limacciosi; da allucinazioni dronico-chitarristiche (Some Words) a sferzate harsh (Cut Me Lose Me).
Insomma, affermare che questo disco riesca a tradurre nelle sue 10 canzoni le ricorrenti inquietudini del compositore non è né una stronzata retorica né una pretesa naïf dell’autore. La musica in No Logic No Death non è più solo uno spazio terapeutico e di esorcizzazione delle ansie e paure dell’autore, bensì un importante medium comunicativo che le mette a nudo. Manca sì una fisionomia definita, ma la geografia emotiva tracciata da Tommaso ha il potere di essere allo stesso intimista e carnale – aspetto coadiuvato anche dalla dialettica che intercorre tra la materia sonora e il particolare impiego della voce. Pertanto No Logic No Death risulta l’album più viscerale mai prodotto da Tommaso, così come un altro tassello di un processo in fieri sempre più sulla buona strada.