Fears
-Stai qui, non è niente.
Sono il tuo rifugio, il bavero che ti tiri su perché c’è un freddo tremendo. Scivola pure dentro: ti ascolto lo stesso e trattengo tutto, come fa il cappotto con ogni tuo brrrr
Hopes
Sei come un disegno a mano libera e io non so da dove iniziare.
Dice che si parte dalla T, dice che si parte da te.
Facciamo che se pure ti disegno senza il naso, tu mi dici che ti ho preso.
Maps
Dove andiamo?
Unisco i nei sulla tua pelle senza indicazioni stradali: nessun itinerario suggerito. Street view, satellite e no. Vado a naso e riconosco tutti i posti in cui sono stata, prendo appunti per tutti quelli che non conosco.
Poi chiudo gli occhi, ho perso il centro. Ho bisogno che tu mi dica Tu sei qui.
Se unisci i punti, ottieni Fears, Hopes and Maps un album che viene fuori da un’altra unione, quella tra Charlotte Bridge (ex Talk to Me) e il produttore Edwin Aldin. Io ho provato a raccontarlo, trascinandomi per suoni dreamy e ballando per stanze buie, ma tu promettimi che adesso metti play, ascolti lentamente e leggi un altro racconto, il loro. Traccia per traccia.
Shelter
La prima canzone del disco è una delle ultime ad essere stata completata. Gli accordi e le voci erano già lì da tempo ma solo l’idea dell’arpeggiatore schizzato ci ha convinti a terminarla. Shelter parla della nostra generazione, delle nostre ipocrisie e debolezze, e di chi è riuscito a trovare in questo casino un vero rifugio. Alla fine ci siamo resi conto che poteva essere il pezzo più forte del disco e voilà… è diventato il singolo di partenza.
Eastern Shore
Eastern Shore è un inno malinconico di quelli che scrivi tornato dalle vacanze estive. Complici gli M83 come colonna sonora del viaggio, quell’urlo/suono simil-gabbiano altro non sono che le nostre voci, strizzate un po’ al massimo dell’acuto. Speriamo di averci messo quel dreamy ancora fresco che sa di sale e di mare, di tristezza di un’estate che giunge al termine.
Maps
Lussemburgo è un posto speciale, al centro dell’Europa, dove tutti vengono un po’ da tutte le parti del mondo. Noi stessi possiamo vantare sangue italiano, olandese, bosniaco, ceco. Il paradosso di questa nuova realtà è che siamo una generazione spesso senza “a place to call home”, fissiamo mappe e partiamo con la speranza prima o poi di riuscire a fermarci. Ma il mondo è così bello e le stelle sono così tante, che questa scelta e libertà diventano a volte il nostro stesso fardello.
The Edge
The Edge é il primo pezzo che abbiamo scritto, era settembre 2014. Ci abbiamo messo tutto l’entusiasmo e l’orchestralità di un nuovo inizio, di quando la tua vita cambia fortemente nel giro di pochi mesi e tu non puoi fare altro che seguirla. “Che senso ha rimanere gli stessi, nascondere le tracce di ciò che abbiamo passato?”
Restless
Restless è arrivata subito dopo The edge, sempre sulla scia del sidechain. All’inizio aveva la metà dei bpm ma le voci facevano fatica ad arrivare. Una volta raddoppiata la velocità ci siamo sentiti un po’ i Metric e sono partiti gli assoli di synth. Forse è il pezzo più danzereccio di tutto il disco, il che all’inizio ci ha provocato sentimenti alternati tra amore e repulsione, ma che alla fine è diventato lo specchio più limpido del nostro progetto.
Dunes
Edwin: “ho scaricato un pezzo di Com Truise, te lo faccio sentire”. E’ pomeriggio siamo in macchina, durante un’insolita ondata di caldo nell’estate lussemburghese 2015. Finestrini abbassati, sole accecante, il brano é carico quanto basta. Charlotte Bridge, muove la testa sul beat del pezzo (a suo tempo senza voci) e ci casca in pieno. Solo alla fine, quando Edwin ride come un matto, lei capisce che il pezzo l’ha scritto lui e…. wow suona come Com Truise! Seguono i primi esperimenti con il vocoder.
Questions
Questions è stata scritta interamente da Edwin, molti anni fa, in un momento di forte riflessione, domande e dubbi. Era uno di quei pezzi che teneva nel cassetto. Abbiamo pensato potesse trovare il proprio posto in questo disco, così abbiamo rivisto un po’ i suoni e ci è sembrato perfettamente in sintonia con il resto dell’album.
In The Night
Parte da una demo di Charlotte Bridge, per poi venire pompata da Edwin con un synth cattivello e suoni di batterie provenienti da un “drum kit metal”, per non farci mancare niente. D’altronde la notte è oscura, il momento in cui il dolore si fa sentire di più. E’ lì che qualcuno dice ad un altro “nella notte ti cercherò, guarirò le tue ferite, farò rallentare tutto”. E’ l’unico pezzo in cui Edwin canta anche, peccato abbia tenuto il volume del suo microfono al minimo… a voi scoprire dove!
Mirrors
“Non possiamo far finta che vada tutto bene, mentre ti guardo affogare… affogare… affogare…”. Un pezzo scritto per un amico. Le note più amare e le chitarre più presenti di tutto il disco. A volte solo un assolo può riempire un ritornello, perché il suono parla più delle parole, così come gli specchi, che non mentono mai.
Hope
Scritta completamente a 4 mani, con un giro di strofa caro a Charlotte Bridge, un synth volutamente fuori tono e il primo testo che parla apertamente di amore. “Cosa ci spinge a continuare a provare questo gioco senza fine? Sperando di imparare ad amare davvero.” La risposta è la speranza, la speranza che questa volta le cose finiscano diversamente. E’ così che vogliamo chiudere un disco che può risultare molto malinconico ma che in fondo nasce da un forte amore per la vita.