Moiré è una delle migliori sorprese emerse negli ultimi tempi dalla fervida scena inglese. È entrato nella mappa, nel 2013, con un EP d’esordio, ‘Never Sleep’, intenso e straniante, uscito per la Werkdiscs di Actress. Con ‘Rolx’, sull’olandese Rush Hour, il produttore inglese con un solido background in architettura e design scopre tutte le carte del suo talento, esibendo un suono maturo e sensuale, effettivo sulle casse in 4/4 quanto morbido nei trattamenti vocali, ombroso e sporco per risultare profondamente suggestivo. L’anno successivo viene dato alle stampe l’album ‘Shelter’, sapiente miscela di old school techno, convinta attitudine sperimentale e futuribili declinazioni soul. I set live diventano audio/video per favorire un’immersione in uno spazio multi-sensoriale avvolgente e irresistibile, pulsante di groove e astratte geometrie. Le uscite recenti (‘Gel’ su R & S e ‘Lines + Colours’ su Spectral Sound) sono la conferma di una genialità irrequieta e sorprendente, oltre che di una propensione per l’esplorazione di territori sonori ogni volta differenti.
Abbiamo approfittato del suo ritorno alla consolle del Kode_1, a poco più di un anno di distanza dalla sua prima volta nel club pugliese, per rivolgergli un po’ di domande sui progetti in corso.
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Il tuo rapporto con le etichette sembra quello di un fantasma che voglia sfuggire ad ogni legame consolidato. Hai esordito sulla Werkdisc, hai pubblicato per R&S e ora sei su Spectral Sound / Ghostly International con il nuovo EP ‘Lines + Colours’. Qual è la tua politica con le label?
Nessuna. Semplicemente credo che sia naturale per un artista giovane esplorare per trovare il posto giusto. Amo ognuna di queste etichette e le persone che ci lavorano dietro. Conosco quelli di Spectral / Ghostly da molto tempo e, finalmente, siamo riusciti a fare qualcosa insieme. È sempre solo una questione di tempi e momenti.
‘Lines + Colours’. Alle mie orecchie suona sperimentale ed emotivo. Alle tue?
Ho semplicemente fatto quello che sentivo. In questo lavoro, in particolare, volevo che tutto fosse registrato dal vivo, senza l’utilizzo di nessun computer. E questo è quello che ho fatto. Non credo si tratti di un disco sperimentale. È solo un EP di Moiré.
Hai studiato architettura e design. Ho sempre pensato che se la tua musica fosse un’architettura somiglierebbe a una di quelle intricate e assurde costruzioni che si vedono nei dipinti di Escher. Puoi descrivere ‘Lines + Colours’ come uno spazio?
Ho sempre amato Gaudi ed Esher ma anche Niemeyer, Frank O’ Ghery, Zaha Hadid (RIP), Wright, Mies Van Der Rohe. Sono tutti architetti con una poetica differente e meravigliosa. Questo è il punto. Per me ogni forma funziona finché è buona. E questo vale per l’architettura come per la musica. ‘Lines and Colours’ aggiunge colore e rotazione alle linee di Moiré.
Gli spazi bianchi tra gli elementi sembrano spesso gli elementi principali nelle tue costruzioni sonore.
È tutto un fatto di spazi e distanze tra gli elementi. Certo: per me è molto importante quello che c’è tra le linee. Provando sempre ad essere me stesso mi esprimo attraverso la musica. Ecco perché la mia musica deve essere sempre significativa.
Questo EP è la prova definitiva della tua attenzione maniacale ad ogni minimo dettaglio sonoro: tanti livelli di suoni elettronici, onde sonore, dance music dal taglio minimale, tante ombre quanta energia vitale. Vedi il tuo suono più come una scultura o un oggetto di design?
Si! Quando compongo musica amo scendere fino al minimo dettaglio. Per me è come scolpire il suono nelle forme che amo. Scolpire numeri e dati, in un certo modo.
Le tue tracce sono spesso costruite a partire da strane tessiture ritmiche. Qual è il tuo set up di studio? Fai uso di registrazioni ambientali?
Il set up del mio studio dipende dalle giornate. Normalmente è molto minimale perché mi piace molto lavorare in spazi differenti e quindi prediligo attrezzatura portatile. Altre volte mi piace avere tutta la strumentazione che posso attorno a me. ‘Lines + Colours’, per esempio, è stato registrato live ad Amburgo, in uno studio pieno di synth e batterie. Non uso field recording ma alcune volt registro me stesso che suono attraverso le casse.
Nel 2015 hai formato il collettivo Neversleep con il tuo collaboratore di lungo corso Disguise, realizzando un EP su Phonica Records. Cosa puoi dirci riguardo questo progetto?
Neversleep è, semplicemente, l’unione di due amici che fanno cose insieme: musica, arte, design, etc. Lo vediamo come un marchio creativo. Lo scorso anno abbiamo deciso di dare a questa collaborazione la forma di un disco su Phonica. Quest’anno abbiamo in cantiere nuove uscite e un progetto molto interessante legato alla moda (italiana, ndt) che riveleremo presto.
Cosa c’è nell’immediato futuro di Moiré?
Moiré. Altre tracce, altre produzioni, altre collaborazioni, altra arte.
di @Andrea_Mi.