Uno dei nomi nuovi della musica italiana che seguiamo con attenzione è GIUNGLA.
Il suo esordio, Camo EP, è proprio l’immagine di un pattern militare che si è fissata nella mente di Emanuela Drei pensando a queste canzoni e a ciò che l’ha portata a creare il suo intricato happy place fatto di chitarra, pedali e drum machine e alla scelta di presentarsi da sola sul palco.
Ci siamo fatti raccontare il lavoro traccia dopo traccia.
Cold
Sentirsi atrofizzati o annoiati, senza sapere bene perché. Troppo spesso dimentichiamo che è molto più coraggioso essere appassionati nei confronti di qualcosa e mettersi in gioco, che rimanere freddamente critici dietro a uno schermo. È un pezzo che vuole reagire, che non vuole stare fermo, nel finale è come se si liberasse dalla sua stessa struttura, come per dire “ok, io vado a farmi un giro”.
Wrong
Sapere che in un modo o nell’altro tutti (ma soprattutto quelle persone che credono di sapere ogni cosa) sbagliamo è in qualche maniera confortante e sempre un ottimo reminder.
Sand
L’immagine è quella del tempo che passa, della sabbia nelle skeaners, della fine dell’estate.
Due persone si parlano su una spiaggia di notte e un momento ordinario diventa in realtà molto di più. Una chiede all’altra: “Hai mai provato a tenere della sabbia nelle mani? Se stringi troppo forte e guardi non ce n’è più.”
È certamente una canzone malinconica, c’è questa idea di perdita, di tempo che passa e di incontrollabilità, ma dall’altro porta anche un’idea di libertà necessaria e la consapevolezza che forse non saprai mai abituarti ai cambiamenti, ma prima o poi inevitabilmente te li ritrovi davanti.
Forest
Un sogno ricorrente da cui è impossibile uscire, in cui un giardino che circonda una casa pian piano si trasforma in un luogo senza via d’uscita in cui ci si sente perseguitati, dove si vedono e sentono cose che in realtà non esistono, dove ci si sente bloccati. È dedicata ad una persona che vorrei potesse vivere con meno paure.