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Se si fossero formati tra gli anni 70 e gli anni 80, i Minor Victories sarebbero stati salutati a gran voce come “super-gruppo”. Ma si sa, quelli erano decenni in cui la stampa musicale amava molto l’uso dell’iperbole, ed il pubblico era decisamente più impressionabile. A prescindere dalle definizioni, l’eccezionalità del progetto musicale è indiscutibile. Nata dalla collaborazione tra Justin Lockey degli Editors e suo fratello James e Stuart Braithwaite dei Mogwai, la band vanta al suo interno la presenza di Rachel Goswell -ricordata ancora da tanti con i redivivi Slowdive- che del progetto a suo modo è stata anche iniziatrice ed all’interno del quale opera in veste di cantante e scrittrice delle liriche. All’interno del loro album d’esordio, uscito lo scorso giugno, anche le partecipazioni straordinarie di James Graham dei Twilight Sad e Mark Kozelek.
In occasione dell’arrivo dei Minor Victories in Italia, dal vivo lunedì 24 Ottobre in quel del Santeria Social Club di Milano, abbiamo pensato bene di raggiungere telefonicamente proprio la simpatica Rachel per farci raccontare qualcosa della vita in tournée, del suono potente del loro album e dell’essere mamma e musicista allo stesso tempo. Ecco quello che, tra una risata e l’altra, ci siamo detti:
Ho notato che ci sono ancora tanti tuoi fans in giro che nutrono un grande e sincero affetto per te, e questo nonostante tutti gli anni che sono passati dalla tua avventura musicale con gli Slowdive. Proprio ieri ho raccontato ad una mia amica che ti avrei intervistato e lei mi ha subito detto quanto ti ammira per come riesci a conciliare i tuoi impegni di madre con la tua carriera musicale:
Quando si diventa madre, o più in generale genitore, è facile finire col perdere la propria identità, visto che tutta l’esistenza da quel momento si concentra sui propri figli. La reunion degli Slowdive è avvenuta quando Jesse aveva tre anni. fino a quel punto sarebbe stato troppo complicato renderla possibile, a causa della sua condizione che necessita cure particolari. (Jesse è un bimbo affetto dalla cosiddetta sindrome di CHARGE ndr.) Ma da quella età ha iniziato ad andare in asilo e a scuola. Inoltre suo padre si occupa di lui quando non ci sono, è grazie a lui, ed al fatto che mi sostenga in questo modo, che posso fare quello che faccio ora. È importante per una madre essere in grado di riacquistare la propria identità quando i figli crescono. Per me questa evoluzione è stata rappresentata dalla ripresa di attività degli Slowdive. Era una parte della mia vita che non avrei mai pensato potesse mai ritornare. Ma da lì ho anche capito quanto fosse importante per me avere la possibilità di esprimermi creativamente, ed è fantastico avere di nuovo questa possibilità e sono estremamente grata per questo.
D’altra parte immagino che gli altri tre membri di Minor Voctories stiano anche cominciando a diventare gelosi, visto che gli stai praticamente rubando la scena:
(ride) No No! Credo che non abbiano problemi per questo. Anzi, io in realtà penso che sia Stuart a rubare la scena a noi. Nei Minor Victories ha un mucchio da fare tra le sue chitarre ed il basso.
Come ti senti a viaggiare in mezzo ad un mucchio di uomini, tra i membri del gruppo ed il resto della crew. Non ti capita mai di pensare “Ne ho abbastanza di girare con tutti sti tipi carichi di testosterone”?
(ride di nuovo) Ma no, sono abbastanza bravi a dire il vero. Per tutta la mia carriera musicale mi sono sempre trovata ad andare in giro in tour con bands in cui ero l’unica ragazza. Non conosco veramente altre situazioni se non di questo tipo. Ora con internet è comunque tutto più facile, vista la facilità con cui ci si può mettere in contatto via chat con i propri amici via Whatsapp o altrove. Ora posso chiacchierare con le mie amiche ovunque io sia. Ma ad essere onesti, sono tutti molto tranquilli, non sono più dei ragazzi che passano il tempo ad ubriacarsi, sono tutti padri di famiglia ed hanno già una certa età… Anche se amano ancora farsi qualche bevuta.
Una delle cose interessanti del vostro progetto musicale è che è arrivato senza nessun tipo di aspettativa dietro. Questo forse è il motivo per cui sono stato particolarmente sorpreso dal primo singolo Scattered Ashes. Mi piacerebbe chiederti come siete arrivati a quel particolare suono, cosi potente, quasi fosse un inno:
Quella canzone è praticamente tutta opera di Stuart. Era un idea abbozzata che aveva fatto sentire a Justin, un po’ in stile anni 60, alla Shangri Las, con tanto di tamburello… Ho scritto la melodia vocale ed il testo spontaneamente, è diversa dal resto. Dal vivo è la canzone sulla quale si salta, ci suono pure io la chitarra. Il testo è molto triste ma musicalmente trasmette entusiasmo, è una combinazione particolare.
Probabilmente il sound generale dell’album è risultato inaspettato per altri fans delle bands da quali provenite. In alcuni momenti è parecchio aggressivo e noisy, penso a brani come Cogs o la parte finale di Out to Sea per esempio:
Quando abbiamo cominciato Justin mi ha spedito dei brani strumentali e Out to Sea era una delle prime canzoni per le quali ho scritto il testo. Quello che mi aveva mandato inizialmente è stato praticamente quello che è poi stato incluso nell’album. Gran parte del brano era già li pronto. Era molto potente e di grande impatto. Credo che Justin avesse una specie di visione, voleva realizzare un album che fosse pieno di bellezza ma anche forza, un album rock. Molti di quegli elementi vengono da lui, come gli arrangiamenti degli archi. Cogs è una canzone particolare perché la musica è stata tutta scritta da James. È lui che ci suona il basso, la batteria e la chitarra. È tutta opera sua. Ogni singola canzone proviene da un membro o l’altro del gruppo ma non necessariamente da quelli che gli ascoltatori potrebbero immaginare. La gente probabilmente potrebbe non aspettarsi che Stuart componga una canzone come Scattered Ashes, che non ha molto in comune con il sound dei Mogwai.
Parlando della dimensione live dei Minor Victories, come è stato per te andare sul palco e suonare queste nuove canzoni?
All’inizio è stato snervante perché non sapevamo veramente cosa aspettarci, dal momento che questo progetto è cosi differente da quello che abbiamo fatto finora. Ma è stato fantastico. Abbiamo passato una bellissima estate, abbiamo suonato in giro per l’Europa con un gran successo, siamo stati accolti veramente molto bene. Abbiamo iniziato prima che il disco fosse uscito ed è stato piuttosto strano, il pubblico non conosceva ancora le canzoni ma man mano che siamo andati avanti nel corso dell’estate e più il numero di spettatori che cantavano con noi le canzoni è aumentato, e di conseguenza tutto è diventato molto più divertente.
State iniziando una nuova parte del tour che vi porterà anche in Italia, non è vero?
Stiamo facendo una breve serie di concerti. Alcune date in giro per i club d`Europa, inclusa anche MIlano, ed un paio di festivals. Dopodiché torneremo a casa per tre settimane e poi ripartiremo con i Placebo, per il loro giro di concerti nel Regno Unito durante il mese di Dicembre… E poi arriverà Natale! (ancora risate)
Immagino che siate solo voi quattro sul palco. Come riuscite a tradurre il suono dell’album in versione live?
Dal vivo siamo in cinque. Justin non prenderà parte a questi concerti a causa dei suoi impegni con gli Editors, cosi ad eccezione delle date britanniche non suonerà con noi, il che è un peccato. Per questo motivo imbraccerò anche io la chitarra in alcune canzoni. Con noi sul palco ci sarà Callum che suona le tastiere, i samplers e canta in veste di backing vocalist.
Pensi che ci sarà un seguito a questo vostro album di debutto?
Decisamente si! Abbiamo in programma di realizzare un nuovo album. Ci lavoreremo su già il prossimo anno. Per tutto il 2017 sarò molto impegnata con gli Slowdive e anche Stuart avrà molto da fare con i Mogwai ma lavoreremo al nuovo materiale nei tempi morti di questi nostri progetti. È stato molto divertente lavorare assieme e vogliamo continuare.
Riesci ad immaginarti tra dieci anni ancora impegnata con la tua musica a suonare sui palchi in giro per il mondo?
(risate) Non ho davvero idea! Avrò cinquantacinque anni allora… Chi lo sa!
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