Parole di Mai Stato Altrove
Io sono un fan scatenato di Dargen D’Amico, un fan scatenato. Giovedì 3 novembre, grazie ai santi subito di Land Ho, suoneremo insieme a Roma (qui tutte le info, ndr) e finalmente avrò l’occasione di conoscerlo e tormentarlo un po’; di gettargli addosso chili di amore e ammirazione, sperando che lui abbia voglia di accollarseli.
Purtroppo però le cose potrebbero anche non andare come sogno: ci sono infatti un sacco di fattori su cui non ho controllo che potrebbero portarmi a ciccare clamorosamente l’evento che aspetto da tanto. Ho pensato di esemplificarli in due “macro-opportunità” fatali:
– Dargen potrebbe essere impegnato e potrebbe passare molto meno tempo di quello che immagino nella location del concerto: magari ha interviste da fare, magari ha gente da incontrare ecc.;
– Dargen potrebbe semplicemente essere stanco o di cattivo umore e, nella singola occasione del live, potrebbe non avere nessuna voglia di parlarmi più di 12 secondi.
Da qui l’idea semplice, geniale e un po’ patetica di mettere le mani avanti e di scrivere le cose più importanti che ho da dirgli. Una conversazione che si trasforma in un monologo: 5 sms di max 160 caratteri (si capisce la citazione, vero?) che invierei a Dargen D’Amico, legati a 5 sue canzoni che mi hanno mandato letteralmente fuori di testa, legate a loro volta a qualche considerazione in più, ché tanto su internet lo spazio è (quasi) gratis. Con la speranza che JD legga l’articolo, ma solo dopo questo fatidico 3 novembre perché sennò addio al sogno di conoscerci da colleghi: perderei ogni credibilità e tanto varrebbe presentarmi con le orecchie da cane e la lingua di fuori alla Snapchat.
1° SMS (canzone: “TRA LA NOIA E IL VALZER”)
Mi sa che abbiamo una cosa in comune: anche a me ogni tanto sembra di stare completamente buttando la mia vita. Certo mio zio è molto meno divertente del tuo.
Tra la noia e il valzer forse è il mio pezzo italiano preferito in assoluto sulle turbe giovanili post 2000 (ed è subito dissing con Fibra). Innanzitutto perché non è per niente triste, ma ha una ritmica assassina e un rap tiratissimo: il pezzo è tutto uguale, è tutto ossessivo e tira come un treno. Detto ciò, l’avvio della canzone è da brivido (Nessuno tocchi le mie tende), così come l’evento (vero? Verosimile? Chissenefrega) individuato da JD come causa scatenante del suo rinchiudersi in se stesso: amava troppo una ragazza e per l’emozione una volta le avrebbe detto “se io saprei”; da lì vergogna ai massimi livelli, immediato abbandono della scuola e giornate su giornate passate chiuso in casa. Guai a chi lascia entrare il sole dalla finestra.
Tra la noia e il valzer si sviluppa attraverso un elenco lucido e spietato di piccole attività da perdigiorno, che sembrano raccontare la quotidianità del nipote rapper di Raffaello Mascetti (spero abbiate tutti visto Amici miei). I gesti raccontati trasudano tristezza vera (vivo grazie a qualche banconota falsa che mio pa’ mi manda per corrispondenza e grazie a mia mamma che mi riempie la dispensa, oppure se avessi tempo sarei ricco, non conserverei la pioggia pulita in un bricco), ma sono anche carichi di una strana epicità: A terra ho pochi vestiti e pochi dischi e qualche bottiglia vuota di whiskey […] Mi sveglio e mi verso un altro whiskey, sempre whiskey, l’alcol non fa male se non mischi.
Insomma il disagio è super terribile ed allo stesso tempo super cool. Ma il meglio deve ancora venire: a un certo punto arriva lo zio di Dargen (disoccupato passivo, se non lavora si dimentica di essere vivo) e con lui arriva anche quella irresistibile autoironia macabra così tipica del Nostro. Segue una scena semplicemente spaziale: Si sente (lo zio, ndr) l’autunno addosso come foglie morte, lo vado a trovare ascoltiamo radio Reporter / E ci chiediamo come vivono i pubblicitari, delle piccole radio, dei circuiti locali / Ad una certa ora dico “Zio io m’incammino”, ma non vuole che me ne vada e versa ancora vino. Neorealismo, applausi.
2° SMS (canzone: “IO, QUELLO CHE CREDO”)
Secondo te oggi ha senso parlare di cantautorato? Non ti pare ci sia un po’ troppa paura di tirare in ballo cose grosse nelle canzoni? Ne usciremo vivi?
Un sacco di persone dicono che i rapper sono i nuovi cantautori, ma quando lo fanno sembrano intendere che il mondo sta cambiando e dobbiamo abituarci a brani che parlano per slogan bori e improbabili. JD evidentemente se ne frega, visto che “Io, quello che credo” è scritta come una canzone di Francesco De Gregori.
Il pezzo infatti è una lista squisitamente anni ’70 di cose in cui Dargen crede (Io quello che credo è che non si dovrebbe restare da soli per sempre / Io quello che credo è che deve servire a qualcosa tutta questa gente), o di cose che Dargen semplicemente ritiene interessanti da dire: Io quello che credo è che sia tutto vero solo che non tutto si spiega/ tipo Luigi XIV che quando muore diventa una sedia. Sa di essere sveglio, te lo sbatte in faccia senza nascondersi e all’ascoltatore non resta che prenderlo o lasciarlo così com’è. Dio lo benedica.
Perché insomma è anche bello che di tanto in tanto qualcuno si assuma la responsabilità di offrire una propria chiave di lettura del mondo (Io quello che credo è che i punti di vista possano cambiare le stanze), giusto? E se da una parte è vero che al giorno d’oggi di bacchettoni ce ne sono fin troppi e dunque è meglio evitare di prendersi troppo sul serio (Io quello che credo è che mi faccia bene restare isolato dal mondo / e che l’umanesimo non fosse vero, bensì fosse finto biondo), dall’altra è anche vero che se ci limitiamo al relativismo e alla semplicità rischiamo di rincoglionirci. Perciò se uno ogni tot prova ad alzare l’asticella, beh a me viene solo da abbracciarlo: Io quello che credo è che tutto durerà in eterno, nessun sogno termina / È un continuo riciclo di semi, è impossibile qualsiasi perdita / Io, la luna, il limite estremo, generati dallo stesso pensiero / Io quello che credo è che non siamo niente di più, ma anche niente di meno.
3° SMS (canzone: “ALÌ IL THAILANDESE”)
Grazie perché non parli di cazzate, rapine, rispetto. Grazie perché dimostri che è possibile essere divertenti e sfacciatamente pop senza scadere nel penoso.
Io con la comicità in musica ho sempre avuto un problema: di mio non penso di saperla usare ed ogni volta che la incontro nei pezzi degli altri va a finire che mi viene il voltastomaco. Ci ha pensato Dargen D’Amico a ribaltare la situazione, sparandomi in faccia questo pezzo atomico. Un pezzo che ogni volta che lo ascolto penso: “Cavolo è proprio fico, cavolo fa proprio ridere”.
In realtà Alì il thailandese è un vero e proprio caleidoscopio e JD parte che sembra serissimo: A che serve un uomo se non può chiedere aiuto a un altro, solo perché quasi sconosciuto? Poi arrivano un bridge piacione (la frase Dimmi che vieni qui viene ripetuta fino allo sfinimento) ed un ritornello ai limiti della gag: Schiena rigida bye bye. Alì mi hanno detto che sei thailandese / Non sono mai stato un uomo di troppe pretese, ma oggi lo pretendo e resta quaiiii (per fare rima con il “mai” precedente, ndr).
Con la seconda strofa ecco la spiegazione tanto attesa: Dargen sta parlando di semplice mal di schiena (che rende dal resto del corpo questa parte un’aliena) e racconta il suo incontro con il massaggiatore thailandese Alì (È un po’ che non ci si vede. Il tuo numero me l’ha dato Sara della sede). Sì, questo è un pezzo rap sulla lombalgia ed è una cosa bellissima, perché questa è la vita vera: ora io sono di Roma, ma immagino che anche a Milano sia più probabile fare il pony express e beccarsi il colpo della strega, piuttosto che finire impelagati in lotte fra bande stile Notorious B.I.G.
4° SMS (canzone: “V V”)
Ciao JD, mi spieghi come si fa a scrivere una canzone universale? Una canzone che sia disperata e cinica, ma allo stesso tempo piena di amore e poesia?
Questo pezzo è un capolavoro perché prende tutte le cose di cui ho già parlato e le centrifuga. Inizia con un lampo di intelligenza pura (Se nessuno avesse inventato il punto interrogativo a questo mondo si starebbe tutti meglio. Nessuno ti chiederebbe ma affermerebbe per esempio “Tu mi ami” senza quel punto di domanda, cioè tu mi ami punto e basta) e subito dopo ti spara in faccia una lettura straordinaria, nel senso più stretto del termine, di una cosa fin troppo normale: Con gli occhi della mente posso vedere tutto l’amore del mondo e non è moltissimo ma chi si accontenta gode, come il cane che si strofina sulle gambe per una pallina verde di gomma. I cani, le palline e tutto l’amore del mondo: alto e basso confusi l’uno nell’altro, in perfetto stile Dargen D’Amico, resi ancora più potenti da una musica di sottofondo che sì è semplice ma probabilmente ti spezzerebbe il cuore già da sola.
Un’altra cosa che mi fa impazzire di questa canzone è l’ennesimo aneddoto (vero? Verosimile? Chissenefrega) relativo all’infanzia di JD: A 7 anni non ho accettato che il mio gatto fosse morto così freddo e l’ho nascosto per giorni nel microonde e da allora fatico a mangiare cibi cotti dal forno e a guardare la tv.
Comunque dicevo che VV è un capolavoro perché parla davvero di tutto: parla di realtà concreta, parla di sentimenti, parla di lavoro e di religione (Io, tecnicamente disoccupato come Dio). Se non fosse stupidamente ridondante direi che parla “della vita”. Certamente parla anche della morte ed anzi la invita direttamente a levarsi dalle palle almeno per un po’ in un modo che ancora non ho capito se è brillantissimo o drammatico oltre ogni immaginazione: No morte, non presentarti ancora, non darmi il numero ancora. E io ti chiamerei anche ma… Non sono quel grande amante.
5° SMS (canzone: “TEMPO CRITICO” delle SACRE SCUOLE)
Di fumetti ne ho letti davvero tanti, ma di “Ken il guerriero” non me ne è mai fregato niente. Ne vale la pena? Devo cercarmi la collezione completa su ebay?
Non potevo non chiudere con una piccola digressione sulle Sacre Scuole e su quel tesoro che è l’album 3 Mc’s al Cubo: ai tempi Guè Pequeno lo chiamavano “Il guercio”, Jake la Furia lo chiamavano “Fame” e Dargen D’Amico era il boss della crew (poi dici che uno diventa passatista). Comunque il disco, che deve molto all’immaginario del manga di Tetsuo Hara e Bronson, è tutto una bomba e in realtà la canzone che più mi esalta è Chiamati in Causa Tribunale, in cui JD si deve difendere dall’accusa di avere divulgato notizie false e fa semplicemente il mostro: gioca con le parole, gioca con Kenshiro, corre come un forsennato e ti stende. Lezione di (il) rap (per me): L’accusa è chiara, ma a sera sarà polvere come il Sahara / Voi avete le armi, ma è una roulette russa che ispira chi spara / Sono solo una fonte di pensieri, perforo la fronte dei guerrieri assorbendone i poteri come i buchi neri / Trafficante di concetti puri verso gli stati dell’universo psichico, passando attraverso gli strati ne deformo il fisico.
Detto ciò mi sa che la canzone del disco preferita da Dargen è invece Tempo critico, visto che ha inserito la sua strofa anche nel primo cd solista (spero sappiate da voi che si chiama Musica senza musicisti e che, tanto per cambiare, è molto bello). Nel pezzo lo sfondo è sempre all’insegna di quell’apocalisse rap e di quel clima da giudizio universale che caratterizzano tutto “3 Mc’s”, poi però il Nostro prende il microfono e sembra non potere fare altro che metterci del suo, tirando in ballo sia debolezze personali (Sorseggio calici pieni di tristezza e piango occhi come lacrime di incredibile compattezza), sia immagini puramente poetiche: Ho visto il cielo spalancarsi e tracciarsi nell’oscuro, un ponte d’ombre sospeso come il fiato: pochi sono al sicuro, perché avrà il diritto di attraversarlo solo chi ha un cuore puro. Materiale non proprio in linea con il clima guerresco tracciato pochi secondi prima da Jake che stringe penne di sangue e nuota in un mare di sputo, o da Guè che viene battuto ma non sta muto e che si rialzerà ogni volta che sarà caduto. Materiale che forse appartiene già alla produzione futura di JD: quella di cui ho provato a parlare in questi 5 sms, ovvero quella che, dopo la cotta presa per le Sacre Scuole, mi avrebbe fatto gridare al Vero Amore.
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