Ve lo ricordate l’indie-rock? Quello proprio dell’Inghilterra, dico.
Se vi serve un ripasso vi basta schiacciare play all’Ep dei Plastic Light Factory.
HYPE.
Più giù il racconto track by track.
HYPE è il suono della gioventù di tre ragazzi che con la loro immaginazione e la loro musica riescono a oltrepassare i confini della propria terra e ad approdare oltremanica in terra d’Albione. Questo concept EP prende ispirazione dalla recente scena musicale che si sta formando all’HYPE di Mantova. Collettivo di band indipendenti? Sala concerti? Rave party? Etichetta discografica? Nessuno sa bene cosa sia. La sola cosa certa è che costituisce un concreto viatico per valide forme d’espressione; oltre che un reale ritrovo per una nuova ondata di controcultura giovanile ispirata da un vento che soffia direttamente dal ’67.
E allora in queste note rivivono i suoni, le luci e i colori di un’intera generazione che non smette mai di sognare.
COLOUR OF THE MORNING
Un giorno durante una partita di Stratego (gioco da tavola abbastanza popolare in Germania), la mia ragazza dell’epoca, di fronte a una disfatta quasi certa fuggì in bagno e nel mentre presi l’acustica e suonando un po’ a caso (avevo probabilmente in testa “I want you she’s so heavy” dell’LP Abbey Road) nacque l’intro di Colour.
Con questo intro in 3/4 il pezzo era obbligato ad aprire l’EP e penso che tra i 5 sia ancora il mio preferito a livello di composizione. Mi è sempre piaciuto fare delle canzoni in scala maggiore (qui non c’è nemmeno un accordo minore) ma cercando di uscire un po’ dallo schema, inserendo accordi che non ci sono nella progressione naturale. Secondo me la chiave del successo di composizione sta nel trovare il compromesso tra originalità ed orecchiabilità e qui ci siamo impegnati abbastanza a raggiungere questa unione.
Le liriche sono le più sincere e dirette che abbiamo mai proposto, mi piace l’idea delle canzoni in cui sembra essere seduti di fianco a chi racconta storie.
OCEANIC TRENCH
Pezzo che fu in origine pensato come lenta ballata acustica finché il batterista non suggerì “ma se la facessimo più veloce?”.
La particolarità sta nel fatto che nessuna parte della canzone si ripete, nel senso che nessun ritornello o riff ha lo stesso testo o la stessa progressione di quello precedente.
Testo un po’ melanconico, composto all’indomani del primo HYPE, in una grigia domenica di Febbraio. Riflette il tipico stato d’animo del giorno dopo la festa in cui ti ritrovi, solo, a rimettere in piedi la casa in mezzo a mille oggetti che ti portano in mente il delirio della sera precedente.
LITTLE ADVENTURES
Si tratta del nostro primo pezzo in assoluto, nato mentre provavamo ancora nella soffitta di Alessandro prima dell’arrivo del batterista Andrea.
E’ una delle poche canzoni che non parte da un’esperienza personale ma racconta una storia immaginaria, che però è comunque ambientata in luogo concreto come l’HYPE. Ci siamo resi conto solo dopo che la parola HYPE compare otto volte.
E’ l’unico pezzo in cui abbiamo inserito dei reverse che si sono rivelati cosi complicati da ricreare che non siamo riusciti a inciderli in studio ma abbiamo preso quelli dei provini, registrati da noi.
ROBYN
Qualcuno la descrive come “pezzo da discoteca mantovana”, “per tutte le donne” oppure “la vostra miglior canzone”. E’ una sfacciata confessione d’amore che incita ad apprezzare le piccole cose della vita al posto di rimanere incollati con la lingua al ghiaccio delle delusioni. Sembra che uno dei problemi più inutili dell’occidente sia quello di non valorizzare le cose che si hanno ma di volere a tutti i costi le cose che non si hanno e soprattutto quelle che non si possono avere. Chi non ha problemi, li cerca.
Il video è una storia di Snapchat girata per sbaglio con un iPhone 4 nero durante i momenti meno opportuni in cui ci siamo trovati a Budapest, Parigi, Londra e l’HYPE negli ultimi 7 mesi. L’abbiamo pubblicata solamente perché nell’intro c’è Rhys Webb degli Horrors che mette su dischi in analogico al Cave, mentre sta al telefono con un amministratore di Soundreef.
JAKITEKO
Il dizionario Oxford dice: “Jakiteko: a person, especially a female, being topless in the shadows”. Si tratta del pezzo che più si allontana dal mood dell’EP, l’unico non originato dalla chitarra acustica ma dall’elettrica, e si sente.
Abbiamo deciso di riarrangiarlo sotto una nuova veste più paisley ed inserirlo nel disco perchè rappresenta in pieno l’evento HYPE (Jakiteko è anche il nostro primo video ripreso durante una serata HYPE, per chi voglia farsi un’idea).
Le lyrics ricordano una giornata memorabile all’A Perfect Day di Verona. Era il primo festival per molti di noi e la prima volta che andammo a un concerto con le persone che ancora oggi sono i nostri migliori amici. Rappresenta quindi un tributo a queste amicizie ed è sempre stata una bellissima occasione per ricordare questo giorno cantando insieme un testo che solo chi c’era può capire.