Il 5 novembre, nel programma della decima edizione del Barezzi Festival di Parma, alle 18 in Piazza Ghiaia si esibiranno in successione due tra le band italiane più importanti e qualitativamente eccelse degli ultimi vent’anni: Giardini di Mirò e Julie’s Haircut. Entrambi emiliani e legati da un percorso che li ha visti più volte vicini – basti pensare alla compresenza nel catalogo di Homesleep Records negli anni Duemila – sono due gruppi oggetto di autentico e meritato culto e che in modo diverso hanno saputo proporre album di incredibile caratura, tradendo anche un variegato background di ascolti internazionali. È proprio per questo che per la nostra rubrica Collezione di dischi abbiamo chiesto a Corrado Nuccini dei Giardini e a Luca Giovanardi dei Julie’s Haircut di raccontarci la propria esperienza di ascoltatori, in un immaginario back to back che dalla consolle da dj si sposta tra gli scaffali dei vinili.
Spoiler: all’ultima domanda la risposta è molto affine.
Il primo disco comprato
Giardini di Mirò: Nel 1987 comprai in spiaggia due cassette contraffatte: Luca Carboni, il disco con Silvia lo sai e Vasco Rossi – C’è chi dice no.
Julie’s Haircut: Il primo disco “rock” o simile che ricordo di avere acquistato è Killers degli Iron Maiden. Ma siccome la sincerità deve farla da padrona, già qualche anno prima acquistavo quelle compilation mixate che andavano fortissimo in Italia, quelle con tanti singoli del momento mixati da un dj. Ce n’era una in particolare che si apriva con Such a Shame dei Talk Talk e da bambino l’adoravo. Fino a poco fa ero convinto fosse un volume di Mixage o del Festivalbar, ma ho controllato e non è così. Per cui non ricordo il titolo preciso, ma ricordo il mix e in particolare quel pezzo. I Talk Talk poi li ho approfonditi da grande, hanno fatto le cose meravigliose che tutti conoscono (o dovrebbero conoscere), ma fatto sta che ancora oggi quando sento quella canzone mi vengono i brividi.
L’ultimo disco comprato
Giardini di Mirò: Un disco straordinario preso in vinile 180gr due giorni fa: In a silent way di Miles Davis.
Julie’s Haircut: Sleaford Mods – TCR, è arrivato proprio oggi. Sono un loro fan della primissima ora, ho tutti i loro primi singoli e questo EP non poteva mancare. Io che adoro l’hip-hop anni 80/90 oggi faccio una fatica orba a trovare cose sufficientemente minimali e davvero significative tra gli artisti neri, e questa cosa mi spezza il cuore. Non sopporto i paddoni di synth digitali, le produzioni eccessive, non sopporto gli hard-tunes, gli harmonizer e i vocoder onnipresenti. È davvero dura. Poi a un certo punto sono stato folgorato da due bianchi di mezza età che vengono da Nottingham. Che poi non so se la loro musica sia definibile come hip-hop, ma ha risposto a una mia esigenza.
Il disco che sei più orgoglioso di possedere
Giardini di Mirò: Arab Strap – Philophobia. Testi pazzeschi, un piglio unico. Ironia, volgarità, dolcezza e tanto alcool. Come non innamorarsi?
Julie’s Haircut: Non associo normalmente il sentimento dell’orgoglio al possesso di dischi, è difficile rispondere. Potrei dire la mia prima edizione di Sticky Fingers degli Stones con la copertina di Warhol, quella con la cerniera apribile. Non è messo benissimo, ma è ormai piuttosto raro e me lo ha regalato il mio più caro amico d’infanzia, per cui ci sono affezionato.
Il disco che ti ha fatto venire voglia di iniziare a fare musica
Giardini di Mirò: Spiderland degli Slint. Dico niente.
Julie’s Haircut: Se devo dire un disco allora potrei dire il primo dei Ramones oppure Walk Among Us dei Misfits, ma la verità per quanto imbarazzante (di nuovo) è che io ho avuto un’illuminazione vedendo da bambino il film Subway di Luc Besson, che peraltro non rivedo da allora, e in cui c’è una scena con questa band che prova un pezzo in un angolo della metropolitana. Io non sapevo suonare nulla ma decisi lì per lì che prima o poi avrei avuto una band.
Il disco più sottovalutato
Giardini di Mirò: Labradford – E Luxo So. Una band che ho amato molto e che in realtà non s’è inculato quasi nessuno. Da riscoprire.
Julie’s Haircut: Una perla del rock più classico: Sailin’ Shoes dei Little Feat. È un disco clamoroso per quanto riguarda il songwriting americano eppure è molto poco celebrato, qui da noi direi pressoché sconosciuto.
Il disco che ti fa venire voglia di ballare
Giardini di Mirò: The Disintegration Loops – William Basinski. Scusate non è che sia un gran ballerino.
Julie’s Haircut: Ci sono tanti dischi di soul e funk che mi fanno questo effetto ma se dovessi dire un album che se suona io proprio non posso stare fermo è Pills’n’Thrills’n’Bellyaches degli Happy Mondays.
Il disco che ti fa emozionare
Giardini di Mirò: Sky Blue Sky – Wilco. Ottimo songwriting, grandi musicisti, super produzione. L’assolo di Impossible Germany è da brividi.
Julie’s Haircut: Late for the Sky di Jackson Browne, disco peraltro che ho scoperto in anni recenti, non è un mio ascolto di gioventù. Può risultare molto melenso, “sulla carta” io stesso dovrei trovarlo troppo zuccheroso, eppure per me funziona, contiene almeno 5 o 6 passaggi che nonostante i tantissimi ascolti mi mettono ancora la pelle d’oca, quelle robe proprio che canti a squarciagola mentre guidi.
Il disco che usi quando vuoi rilassarti
Giardini di Mirò: Ambient 2: The Plateaux of Mirror. Lo metto spesso su prima di dormire, anche quando sono in giro con Spotify e il cellulare: suona comunque benissimo.
Julie’s Haircut: Blue & Sentimental di Ike Quebec. Lui è stato un sassofonista non tra i più celebrati, ma dotato di un lirismo molto efficace. Questo disco di ballate jazz lo metto su la sera quando mi piazzo ai fornelli, scioglierebbe i muscoli sulla schiena perfino a Chuck Norris.
Il tuo disco preferito
Giardini di Mirò: Transformer – Lou Reed. Unisce poesia e rock’n’roll, devianza e purezza. Fantastico.
Julie’s Haircut: Eh, ciao, hai chiesto niente. Diciamo The Velvet Underground and Nico.