È uscito il 17 febbraio scorso Broken Mamori, secondo album di Stèv per Variables Records.
Ce lo siamo fatti raccontare traccia dopo traccia.
Broken Mamori
Il titolo del disco fa riferimento all’idea di “rottura” in senso ampio. Il motivo principale alla base di questa scelta è la mia sensazione di crescita artistica, di un maturare che ha pervaso la mia concezione della musica in modo sempre più radicale, raggiungendo il picco di massima tangibilità subito dopo le prime produzioni che hanno seguito la conclusione della stesura di Beyond Stolen Notes: se già prima fossi ben cosciente dell’importanza dell’originalità e della persecuzione dell’istinto nella fase creativa, mi è parso naturale immergermi in modo più profondo negli immaginari che da sempre mi hanno affascinato e la sensazione è stata quella di averli sempre sorvolati quasi da osservatore, senza aver mai realmente deciso di mettere i piedi a terra e poter contribuire attivamente ad essi. Anche se probabilmente da fuori potrebbe essere meno evidente, io mi sono sentito molto cresciuto e forte di una mia identità, non solo come musicista: valorizzare le proprie passioni ed esporre le proprie debolezze. Il mamori è un amuleto portafortuna giapponese. Ne ho alcuni a casa e per me hanno sempre avuto un grande valore: nella loro dimensione, decorazione e significato, sono per me degli oggetti molto eleganti ed emblematici. Immaginare uno squarcio in uno di essi mi è sembrato disegnare un simbolo appropriato per rappresentare quello che sono io oggi. Un fascino crescente verso l’oscurità per valorizzare la luce, verso la ripetizione per accrescere l’importanza che si dà al tempo che passa… credo che si possa riassumere così l’idea alla base di questo disco.
Dune
E’ possibile pronunciare il titolo di questo brano sia in Inglese che in Italiano, il significato è il medesimo: anche se originariamente l’idea era quella di inserire un titolo nella mia lingua madre nel disco, ho poi optato per questa parola composta da grafemi ambivalenti. “Dune” nasce da un progetto di Hip-Hop sperimentale che avevo deciso di creare assieme al mio fratello non-di-sangue Raffaele aka RAPHAeL (artista visivo, sempre pieno di idee originali, illustratore con l’hobby del rap con il quale ho condiviso – e continuo ancora a condividere – tutti i momenti più importanti della mia vita dai 12 anni in poi), poi accantonato: il risultato non ci convinceva, la musica e il testo non riuscivano a dialogare bene e, nonostante diverse revisioni incrociate, non riuscivamo ad arrivare a quello che avevamo in testa. Ho così deciso di mettere mano alla musica, dopo un po’ di tempo, e di ri-arrangiare tutto nell’ottica del mio progetto personale, mantenendo però piccole porzioni della sua voce, usandole come base per creare dei suoni che mi permettessero di ammortizzare alcune transizioni, aggiungendo la chitarra, il glockenspiel ed altri elementi di field recording per arricchire la parte percussiva. Sono molto soddisfatto di questa traccia e mi ricordo di aver pensato che avrebbe funzionato bene come apertura del disco, perchè riassume in modo concentrato un po’ tutte le cose che poi si potrenno coglierene durante il resto dell’ascolto.
Slowmotion Falling
Credo che questa sia la traccia che rimanda di più a quello che era Beyond Stolen Notes. Tra le varie cose che mi piace ascoltare, resto sempre comunque molto attratto dai beat di stampo Hip-Hop/Abstract e mi piace trarre ispirazione da quello che è poi il mio background artistico “principale”. Il tappeto armonico è stato creato suonando degli armonici dalla mia chitarra elettrica in modo molto aggressivo, registrandoli con un microfono direttamente dalla chitarra stessa, senza amplificatori o ingressi in linea, spezzettando il take e lavorando sul pitch di ogni singolo transiente, arricchendo poi il giro con un synth digitale molto semplice e morbido. Ricordo che, una volta arrivato in fondo alla fase creativa, sembrava comunque mancare qualcosa che desse un’identità al brano e pochi giorni dopo incontrai Jhon Montoya (un grandissimo artista da me molto stimato ma, soprattutto una persona splendida alla quale voglio molto bene) che era venuto a suonare nella mia città. Ci misi poco a realizzare che una sua linea di violino avrebbe colmato il vuoto che sentivo su “Slowmotion Falling”, ai tempi ancora senza titolo, e gli chiesi se avesse voglia di registrarmi un take dal quale poi io avrei preso delle parti per distribuirle nell’arrangiamento che avevo fatto. Quello che ne è seguito lo potete ora ascoltare tutti!
Scattered Steams / Dense Water
Subito dopo l’uscita di Beyond Stolen Notes, mi ero messo a comporre nuova musica e ricordo di aver registrato un giro di chitarra tanto semplice quanto incisivo. Quel giro era diventato poi, dopo qualche mese di riposo nel mio hard disc, la prima parte di questo brano: “Scattered Steams”! Ho voluto concentrarmi sul valorizzare un fraseggio singolo, che ipnotizzasse ed insistesse sull’ascoltatore senza però diventare monotono (per questo la chitarra, che è l’elemento portante e più in rilievo, svolge in realtà un ruolo cardine sotto al quale si muovono i dettagli, cambiando e seguendo un arrangiamento che non è intuibile ad un ascolto superficiale, invertendo un po’ il classico ruolo di tappeto armonico e melodico della composizione). Il secondo “movimento” invece deriva dalla mia passione per la musica Ambient/Drone, nel quale i vapori si irrigidiscono, condensandosi e dando vita a quella che, nella mia mente, è una pozza d’acqua che galleggia lentamente, mangiandosi il tempo, distendendo l’attimo di un istante per una durata prolungata, mettendo a fuoco lentamente tutti i dettagli che possono sfuggire nell’istante in cui si osserva. “Dense Water” vuole essere un omaggio all’ascolto senza secondi fini, quello al quale sono tanto affezionato e che, mi rendo conto, è difficile e talvolta concentrato. Alcuni elementi collegano le due parti volutamente: avere una traccia con un titolo doppio mi piace moltissimo e non escludo di farlo nuovamente in futuro, proprio come accadeva. ad esempio, su “Endtroducing” di DJ Shadow. Inoltre, l’opera è stata arricchita dal meraviglioso video realizzato dall’artista visivo Cy Tone, che senza alcuna indicazione specifica è riuscito a catturare perfettamente tutte le mie idee dietro il pezzo, realizzando quella che secondo me è una vera e propria opera d’arte della computer grafica! Il brano è stato il singolo estratto dall’album prima della release ufficiale, promosso su Resident Advisor, ed il video è andato in premiere su XLR8R ed è visualizzabile sul canale YouTube della label Variables Music: https://www.youtube.com/watch?v=9o1J6dnFmhg
Imploding Purple Clouds
Ho sempre adorato la Jungle, la Drum N Bass e tutte le cose che ne sono derivate. “Imploding Purple Clouds” è un po’ la mia parte più scura e malinconica, introversa ed isolata che prende il sopravvento: per la prima volta (ufficialmente) ho sperimentato delle ritmiche decisamente più veloci della mia consuetudine musicale (potremmo dire Drumstep-ish?), ma alla fine non sono comunque riuscito a distanziarmi da quella che è la mia personalità. Ho suonato molte percussioni, un flauto, un ukulele, registrato molti take che ho analizzato mille volte, cercando di fondere tutto nel modo migliore. Assieme alla traccia precedente, questa è secondo me tra le più introverse ed intime del disco. Nel momento in cui raggiunsi la metà della stesura, guardai fuori dalla finestra e vidi che c’erano delle nuvole letteralmente viola e mi misi a fissarle per un po’… Mi persi totalmente e quando mi ripresi, notai che le suddette nuvole si erano concentrate su loro stesse. L’immaginazione mi portò a pensare che si stessero comprimendo e la musica che stavo scrivendo dava a quel momento un sapore molto nostalgico, ma di quelle nostalgie che si prendono di petto, quelle che si provano a superare perchè non si vogliono avere effetti collaterali sul presente che si vive. Il titolo seguì a tutte queste considerazioni: questo brano per me divenne molto catartico!
Eyelids (Instrumental variation)
Qui avevo voglia di re-interpretare la Trap, la coesione delle basse frequenze, le ritmiche sfrenate ed ostinate degli hi hats che sorreggono una batteria altrimenti dal sapore molto lento. Questo brano nacque come una strumentale per un rapper italiano (al momento preferisco non rivelarne il nome, non so ancora se uscirà oppure no) e mi diede un brivido interessante una volta completata, per questo decisi di proseguirla e modificarla come brano strumentale, senza prevedere una voce di nessuno sopra di esso -per questo si può leggere l’annotazione di “Variazione strumentale” tra parentesi. Quello che volevo fare era qualcosa di diverso dalla Trap (un genere che digerisco in modo molto parsimonioso, nel quale ricerco una qualità sonora non facile da trovare per i miei canoni di giudizio) e, tuttavia, creare qualcosa che avesse un richiamo evidente allo stile in questione. Ho voluto fondere il tutto con un giro di chitarra semplice e chiaro, che non si intromettesse troppo e che lasciasse spazio alla ritmica di respirare e valorizzarsi da per sé, imponendosi un po’ come il brano “in faccia” di tutto il disco. Anche gli elementi percussivi che ho registrato hanno un’identità che sento molto aperta ed imponente.
Ame (雨)
In Giapponese, Ame significa pioggia. Sono un appassionato della lingua, studioso ed interessato ad approfondirla e padroneggiarla al meglio, ma qui non ho voluto fare molti giri di parole. La pioggia è semplice, cade sulle finestre e ci ricorda quanto stiamo bene dentro casa, al sicuro, ma a volte ci cade addosso quando meno ce l’aspettiamo; qualcuno adora ballare sotto di essa e d’estate porta freschezza e magari anche problemi. Ad ogni modo, la pioggia è qualcosa che diamo per scontato, incontrollabile, che condiziona le nostre scelte, da come ci vestiamo a quello che decidiamo di fare… Tutte queste erano le idee dietro la prima versione di questo brano: una rielaborazione senza ritmo di “Winter Train” (tratta dal mio EP “Elsewhere”, anch’essa uscita su XLR8R al tempo e divenuta forse la mia opera più ascoltata), che volevo chiamare “Winter Rain”. Era 3 anni fa, quando in Giappone stavo lavorando a Beyond Stolen Notes e pensai che sarebbe stato intrigante inserire questa variazione nell’album che stavo facendo. Chiesi alla mia amica Aya di scrivermi qualcosa che riguardasse la pioggia in Giapponese: lo scrisse su due piedi e me lo lesse in un parco. Io avevo il registratore con me e le feci fare due take, che avevo deciso di utilizzare simultaneamente per creare stereofonia. Tuttavia, mentre lavoravo a questa cosa, mi resi conto che l’idea di “Winter Rain” non mi convincesse così tanto e che svalutasse quello che lei aveva scritto. A quel punto decisi di creare una musica apposita, che si era inserita nei miei live come skit e che, un annetto dopo, decisi di raffinare e modellare bene, per creare la traccia di chiusura del mio nuovo lavoro.