Per festeggiare i dieci anni di attività, la premiata label italiana Pizzico Records ha rispolverato di recente due classici perduti dell’italo/balearic disco prodotti nella metà degli anni 80 dai visionari e mai troppo celebrati Ciao Fellini, pubblicandone i remixes curati da Severino di Horse Meat Disco, DJ Rocca, The Caribbean House e Johnny Paguro. Da parte nostra, abbiamo pensato di unirci alle celebrazioni chiedendo al fondatore dell’etichetta, il modenese Niccolò Bruni aka Billy Bogus, di guidarci attraverso la propria collezione di dischi e raccontarci qualcosa riguardo ai titoli per lui più significativi. A voi il piacere della scoperta:
Il primo disco che hai acquistato:
Non ne sono sicuro al cento per cento ma direi “Forever” di Luca Carboni. Ricordo che ero attirato da questa copertina semplice ed autobiografica. Da bambino mi piaceva disegnare e, ispirato anche da questo disco, cominciai a dipingere copertine di cassette immaginarie, sognando di fare un giorno il mio album. Tutt’ora immagino titoli di LP che non riesco a portare a termine…
Il disco che possiedi e del quale sei più orgoglioso:
So di fare torto a tanti altri bei pezzi di plastica che ho, magari più particolari, ma il primo disco che mi è mi è venuto in mente leggendo la tua domanda è “Programmed to Love” dei Bent. Ritrovato e ricomprato in doppio vinile presso un Record Exchange di Londra qualche anno fa, PTL è un album che mi rimanda ad un preciso momento musicale: il downtempo si è evoluto dall’abstract hip hop fino a forme “nearly pop” molto interessanti, come questa appunto. PTL mi ricorda inoltre un caro amico e maestro scomparso che me lo fece conoscere, va da sé io ci sia davvero legato: quando lo ascolto è sempre un bellissimo momento, anche se un po’ malinconico.
Il disco che ti ha fatto decidere di darti alla musica:
Non ridere ma credo “BAD” di Jacko: lo ascoltavo e lo ballavo in continuazione, in camera mia, durante l’intervallo alle scuole elementari, dappertutto… Costringevo i miei compagni di classe a seguirmi nelle mie assurde coreografie dance-reccie quindi forse è più corretto dire così: “BAD mi ha fatto decidere di darmi alla musica da ballo” (ride)
Un disco che ti ispira dal punto di vista della produzione:
Praticamente tutti i dischi di Patrick Cowley per il perfetto connubio tra sperimentazione, oscurità e disco appeal. Aggiungo “Unsavoury Products” di The Black Dog with Black Sifichi, un album incredibile, dove un’elettronica abbastanza pura ed algida si mescola ad un male speech continuo, ipnotico: il disco ideale da ascoltare di notte.
Il tuo disco italiano preferito:
Anche qui ti rispondo di pancia, senza pensarci troppo se no mi perdo, ma te ne dico tre! Il primo è Mister “God on Earth” Celso Valli –Hills of Katmandu, inarrivabile, poi di seguito Models –J.R. Robot che suono praticamente sempre nelle serate giuste. Infine la “complessità” melodica inserita in un groove irresistibile: Asso –Don’t Stop.
Un disco che ti fà venire voglia di ballare:
Crisp Court di Martin Peter, uno dei primi esperimenti di Compost Black Label, caduto nel dimenticatoio troppo presto credo… E’ una bellissima e potente evoluzione di broken beats, ora jazzata, ora electro. Mi ha “inchiodato” la pista più di una volta ma nonostante questo provo a suonarlo e risuonarlo; è triste vedere come le persone si siano completamente dimenticate di come si ballano certi ritmi, belli spezzati e sincopati.
Un disco che non manca mai di commuoverti:
Ce l’ho qua, giusto ora, tra le mani: My Kingdom di The Future Sound Of London. L’ennesima dimostrazione che dal campionamento -cinematografico, a maggior ragione- si possono raggiungere nuovi orizzonti emozionali. Un disco epico, nel senso giusto del termine.
Un disco che usi per rilassarti:
The Irresistible Force –”It’s Tomorrow Already”.
Visionario, pacifico ma altamente lisergico, solare ed avvenieristico, dubby, a modo suo, questo lavoro di Mixmaster Morris fa spesso capolino nelle giornate di sole, per dare una nota di ulteriore riappacificazione col mondo esteriore.
Il tuo disco preferito di questa prima metà di 2017:
Ammetto di essere rimasto un pochino indietro con le nuove uscite, sono letteralmente immerso nelle mie faccende, tra produzioni in studio e serate che spesso privilegiano dischi vecchi e non nuovi -mea culpa- ma ti posso dire che tra le release che mi hanno colpito di più di questo 2017 ci sono Tengrams con “Outespace Blues”, album notevole di Alessandro Piatto che ricorda alcune cose di Slam e 2 Lone Swordsmen, ed il brano Sad Brazil di Minimal Afrika, track che suono spesso perché mi fa pensare ad un “housy” Ortolani in un film di cannibali.
L’ultimo disco che hai acquistato:
“The Microcosm, visionary music of Continental Europe, 1970-1986” Una nuova retrospettiva, l’ennesima, che dimostra quanto l’europa fosse “più europea” prima dell’euro. Qui troviamo contributi di Vangelis, Ash Ra Tempel, Roedelius, Ariel Kalma, ed un interessantissimo “Untitled” di Francesco Messina. Niente di nuovo sotto il sole, vero, ma difficilmente resisto a queste retrospetives se ben curate.