Dopo averveli presentati più volte con vari video, finalmente i Vangarella Country Club hanno pubblicato il loro album d’esordio, Fuccboi, su Noia Dischi. È giunto quindi il momento che siano loro a raccontarvi brano per brano uno dei debutti più stravaganti e ben caratterizzati di questo 2017.
AESTETICA
M: Aestetica nasce qualche mese dopo essermi trasferito a Parigi. Non sapevamo cosa fare con i Vangarella. Avevo iniziato a scrivere delle cose a caso, che passavo a Giovanni. Lui ascoltava, mi diceva “fiche ‘ste basi” ma non mandava mai neanche un testo indietro. Questa canzone ha salvato il gruppo: quando gli mandai la prima demo deve essere scattato qualcosa, perché neanche due ore dopo Giovanni mi mandò finalmente un provino. Con Aestetica la direzione che la band, e l’album, avrebbero preso si fece subito chiara, e appena tornato a Roma per le vacanze natalizie tornammo in studio per registrarla. Era più di un anno fa.
G: In quel periodo ero troppo allegro perché ero agli inizi di una storia con una mia ex. Abbiamo voluto raccontare l’ambivalenza del periodo adolescenziale, che appunto ha una parte patinata, come negli anime mostrati nella strofa del video, e una parte più sporca, fatta di disagio, mancanza di punti di riferimento, e soprattutto crudezza nella sessualità, come mostriamo nel ritornello. È una parte della propria vita che non si è mai pronti a lasciare indietro, perché “l’ultima volta che piango” potrebbe arrivare da un momento all’altro, quindi lasciamela vivere fino in fondo.
M: Le chitarre di Mattia Schroeder, dello studio, hanno proprio dato un’altra dimensione al pezzo. Stavamo facendo la cazzata di sostituirle con un’altra linea di synth, per fortuna ci siamo accorti in tempo che senza quelle chitarre glam il brano non sarebbe stato lo stesso. Lì abbiamo deciso che quasi ogni canzone dell’album sarebbe stata segnata da qualche virtuosismo analogico.
UMANA
M: Umana all’inizio non doveva nemmeno essere un singolo, era il brano più filler di tutti.
G: Tra l’altro io il testo di questa canzone ce l’avevo già pronto da una vita, ma mancava il ritornello, e mi hai tartassato per settimane perché lo scrivessi. Io c’avevo mille cazzi, non mi ricordo che avevo da fare, ma ti dicevo sempre “sì l’ho scritto non te lo posso fare sentire adesso, sto fuori, non ci sono”… Arriva il giorno delle registrazioni, mentre Michele mixa il pezzo, io scrivo al volo ritornello senza avere idea di come cantarlo, entro in studio, improvviso…
M: …E succede il miracolo. Impazziamo tutti per il prodotto finale, e lì poi ho sofferto io perché abbiamo perso un pomeriggio intero a trasformare il brano da un filler di sei minuti in un singolo da quattro
G: Infatti questo bellissimo ritornello viene dal fatto che io sono un po’ il Balotelli dell’indie italiano: solo talento e zero impegno. Questo il mio ruolo nei Vangarella.
N.Y.U.
G: NYU è stata scritta subito dopo Aestetica, appena dopo essermi lasciato con quella mia ex. Ho scritto il ritornello mentre ascoltavo Mainstream. La canzone parla di un viaggio a New York, e della fondamentale ipocrisia dei rapporti: di quelle fasi iniziali delle relazioni in cui, come nella “teoria del pavone”, ognuno cerca sempre di essere perfetto, di mostrare il meglio di meglio di sé, di dimostrare di poter “fare serata anche il lunedì”. Nel finale la canzone ha un bellissimo sassofono, suonato da questo giovane talento, Francesco Maresca. Il video che abbiamo fatto è molto particolare, un tutorial su come cucinare gli udon.
M: Il video l’ho girato l’ultima mia settimana Parigi, dietro alla camera e al montaggio c’era il videomaker Joseph Sauvage (poi pagato in buoni pasto), e a cucinare c’era la nostra amica Valentina.
G: La parte migliore di questo pezzo è comunque la cover di Irene Vecchieschi, che mi piace anche più dell’originale, soprattutto quando canta la parte di sassofono.
CLICKBAIT
M: Clickbait è un po’ la testimonianza di quanto ci abbiamo messo a partorire quest’album. È la prima canzone che ho scritto dopo l’EP. Sarà stato settembre 2015, mi ero appena trasferito a Parigi, avevo upgradato daw, vst e synth e ho scritto questa base, che alla fine Giovanni ha deciso di riesumare questo dicembre, condannando di fatto me e Simone a riscrivere le parti di basso e batteria, che prima facevano davvero schifo.
G: Io tengo molto a questa canzone. Il testo l’ho scritto da zero e senza rendermene conto ho inserito una citazione della grande bellezza quando dico “s’impara solo la vergogna di stare al mondo”. Ho fatto tutto pur di togliere questa parte, ma Michele ha insistito per tenerla. Invece mi piace molto l’intuizione che abbiamo avuto nel ritornello, che era molto lungo e un po’ debole, di intervallare il falsetto in cui dico “smettila con quei cazzo di meme”.
7EURO
G: Passiamo alla preferita dei nostri fan…
M: …Che ancora non lo sanno. Anche se, in realtà, 7EURO è quella che piace di più ai live, quindi sicuramente la faremo uscire come singolo prima o poi. 7EURO nasce dopo N.Y.U. Volevo sperimentare un po’ e ho iniziato a produrre un’infinità di demo da mandare a Giovanni, e tra queste c’era una parte brevissima di piano e batteria. Quella bozza sarebbe poi diventata 7EURO, ma quando l’ho inviata a Giova mi sembrava una cosa super cheesy che non c’entrava un cazzo con lo stile del gruppo, ma lui l’ha adorata e mi ha intimato di finirla. Ha fatto bene.
G: Ma io subito ci sono andato in fissa, tant’è che il tuo pianetto dissonante è assolutamente la cosa che adoro di più di questa canzone.
M: E infatti il provino me l’hai inviato subito.
LUNGOMARE
M: Lungomare è l’ultima canzone che abbiamo scritto, quando ci siamo resi conto che non potevamo fare uscire un album con 7 tracce.
G: E io insistevo che 7 andava bene: 7 re di roma, 7 colli, 7 peccati, 7 euro, la dpg…
M: Lì allora ho preso Simone, che intanto era entrato nella formazione ufficiale, e con il suo korg e il mio microbrute – che quasi non usavo dai tempi dell’EP – abbiamo cavato fuori Lungomare, che un brano brevissimo per i nostri standard ma che secondo me tiene bene insieme l’album.
G: Questo pezzo all’inizio non mi piaceva, perché non era una cosa che avevo previsto. Però poi l’idea, poi ripresa in D., di distorcere le voci, campionarle, usarle un po’ come strumento assieme a sample di suoni della playstation e dell’xbox, mi ha fatto cambiare idea.
HYPE BESTIE
G: Quest’altra piace un sacco ai live, anche grazie al basso bellissimo di Raffaele Capasso, bassista dei Love the Unicorn, che ha scritto con noi questo pezzo.
M: Anche questo è un reperto archeologico, la maggior parte delle canzoni dell’album è stata scritta dopo Aestetica, ma Hype Bestie è una delle poche che si è salvata. Tant’è che abbiamo rimaneggiato completamente le parti di basso e batteria con Raffaele, salvando praticamente il pezzo, che ora ai live fa impazzire tutti.
G: Anche perché dentro ci abbiamo inserito tutta quella tematica dei meme, della disumanizzazione che interviene nel momento in cui una persona viene “memificata”.
M: Tant’è che quando cantiamo “addio Tiziana, ci mancherai”, l’addio non è rivolto alla persona, ma al meme stesso che è morto perché non ci scherza più nessuno.
G: Stessa cosa per il “gorilla”, Harambe. Non è morto invece Alessandro, aka lo Sgargabonzi, a cui diciamo addio alla fine del pezzo, ma che non potevamo certo non citare. Nei live ogni tanto ci metto nomi a caso della scena indie, come Calcutta, Contessa, per fare un po’ di umorismo sulla musica italiana.
M: La cifra ironica di Hype Bestie è un po’ quello che ci siamo portati dietro dal primo EP.
D.
G: Ultimo pezzo, D puntato, che sta per dick, cazzo. No, scherzo. Volevo che questo brano volasse leggero in chiusura, dato che mi piaceva molto la struttura che Michele e Sam avevano dato a questa canzone.
M: D. è stata scritta praticamente in una serata nei miei ultimi giorni a Parigi. Avevo già steso lo scheletro del brano ma sentivo che mancava ancora qualcosa, quindi ho chiamato Sam Knight, un mio amico di Chicago che produce roba fighissima, ci siamo scolati un po’ di birre e abbiamo lavorato sui campionamenti tutta la notte. Abbiamo preso la voce di Aaliyah in One in a Million, l’abbiamo storpiata al limite del possibile, ed è uscito uno dei pezzi più elettronici che abbia mai scritto.
G: Quando Michele me l’ha passata, D. era già autosufficiente, tant’è che qui canto solo per un verse. Credo che chiuda molto bene l’album sia a livello musicale che tematico. Mi piace l’idea che l’album si chiuda nella scomparsa dell’io, rappresentata dalla voce che qui viene distorta e martoriata fino a sparire nei sample di Aaliyah e nel violino di Claudia Petrini.